martedì 31 maggio 2011

La stanchezza si fa sentire

Tra gli alti e bassi della vita quotidiana che, nel bene e nel male, è l'unica che abbiamo e che, quindi, credo convenga rendere la migliore possibile, giornate a bassa pressione come questa capitano. Non saprei dire se spesso o meno ultimamente - la mia concezione del tempo è alterata dalla stanchezza - però capitano. Ci si sveglia non vedendo l'ora di tornare a letto - per quelle cinque ore scarse che mi son consentite, si intende. Si fa fatica  a vedere il fine di tutto questo. Io, per dire, mi sento un po' come Frodo in viaggio per Mordor. So che sto compiendo un'impresa importante ma il peso del fardello che mi porto appresso è notevole. Certo, Frodo aveva il suo Samvise a fargli da spalla e contraltare, che poi non è che, alternativamente, la parte migliore di te ed eventualmente la tua controparte (il D.I.P. nel mio caso). Ma i giorni in cui ti senti Frodo, in cui la spalla pugnalata a Collevento duole come una ferita fresca, in cui stare dritti e desti è un'impresa di poco inferiore alla sconfitta di Golia, sono di gran lunga i peggiori. Sono quelli in cui il quadro d'insieme ti sfugge, in cui la prospettiva è quella di Escher, in cui l'unica faccia che ti appartiene è quella dell'urlo di Munch. Ieri ho compiuto 32 anni, un compleanno non particolarmente rilevante, ma pur sempre un anno in più alle spalle. In questo tempo ho realizzato davvero moltissimo. Se penso a dove sono adesso rispetto a solo tre anni fa, quando i miei figli erano solo un desiderio, ne ho fatta parecchia di strada. Mi sforzo tuttavia di mantenere sogni e obiettivi nuovi perché se non tengo la mente viva e occupata mi spengo come una candela lasciata in corrente. In giorni come questo lo sforzo è grande, c'è da dire, perché la depressione è come l'Unico anello: vuole trascinarti con se nell'oscurità e non molla di certo mai il colpo. Oggi mi serve Narsil, una spada d'onore e di luce, una forza nuova e rinvigorente, che mi faccia sentire utile e operosa. Oggi, che quasi mai mi specchio e quando capita fingo di non essere quella riflessa, oggi che aspetto la prima parola di mia figlia e nonostante le mille buone ragioni non mi sento altro che la sua fattrice, oggi che per far dormire mio figlio devo respirare mille volte e sorridere ad ogni respiro, perché è stanco e lagnoso e non si abbandona al sonno come dovrebbe...sì, oggi devo rialzarmi e combattere. Devo ritrovare il mio valore, svegliarlo dal torpore di quella magia nera che vuole portarlo con se nell'abisso. Devo.

sabato 14 maggio 2011

someone worth a handshake - chi vale una stretta di mano

Fra poche ore, in Italia, si vota. Ho sempre fatto il mio dovere civico ma senza crederci veramente, forse perché sono nata disillusa, forse perché, per mia fortuna, a vent'anni avevo già visto una bella fetta di mondo e quel che c'era fuori era comunque meglio di quel che trovavo tornando a casa. Perché, quindi, sono ancora qui? Risposta banale: casi della vita. Ci resterò? Ora come ora non credo. Per questo scrivo il blog in due lingue, perché spero davvero che un domani, leggendolo, i miei figli non siano più qui, così faranno esercizio di italiano (uno dei pochi motivi per essere orgogliosa di questo Paese, la bellezza della Lingua e della Cultura - sì, proprio con la maiuscola!) e, nel contempo, avranno traccia del posto in cui sono nati e di com'era, prima che ce ne andassimo. Una delle liste civiche candidata alle elezioni comunali ha un motto: "Cambiare il Paese, per non cambiare Paese". Io, per ora, non ci credo affatto che questo paese possa cambiare, anche se, essendo la speranza l'ultima a morire, penso che voterò per questo motto. Lo voterò perché conosco chi lo pronuncia, perché gli ho stretto la mano, perché ho il suo numero di telefono e gli do del "tu", perché risponde alle mie e-mail, perché ha speso feste e domeniche per darmi una mano. Lo voterò perché è come me, perché lavora, fa sacrifici e non usa i miei soldi per farsi pubblicità. Lo voterò anche perché è inesperto: in questo paese, l'esperienza corrompe, il più delle volte. Lo voterò perché so che risponderà ancora alle mie e-mail se arriverà lontano, perché la sua forza è la sua umiltà ed il senso del servizio che lo anima. Lo voterò perché gli credo quando dice che fra dieci anni al massimo tornerà a fare il suo mestiere - se non gli fallisce l'attività nel frattempo, beninteso - perché già adesso non dorme, già adesso si ingastrisce...in dieci anni così come minimo ti viene l'ulcera, se poi va male finisci all'obitorio. E magari vuole pure una famiglia, ma mi sa che gli è già chiaro che per fare quel che vuole fare dovrà aspettare un po', perché mi sembra proprio uno che le cose, o le fa bene, o non le fa. E' uno che vale una stretta di mano, uno che se gli fanno lo sgambetto sa rialzarsi e, soprattutto, impara come hanno fatto a fregarlo per non ricascarci. E' uno che chiede scusa, che dice "ho sbagliato", ma che non molla. E' uno che vuole farsi conoscere per com'è: se nasci Grana è inutile che ti vendi Parmigiano, da queste parti ci si mettono due secondi a sbugiardarti. E' uno che ti tratta da persona da cui imparare, chiunque tu sia, che ti guarda con curiosità e rispetto, che deve e vuole conoscerti per servirti meglio. Per me la sua stretta di mano vale ben più di una croce su un foglio di carta. E' la mia piccola speranza che uno sconosciuto possa cambiare questo piccolo grande mondo che è Bologna, piccolo perché, in modi assurdi ed insondabili, ci conosciamo più o meno tutti; grande, perché Bologna è l'anticamera di questo Paese, dove ancora si accoglie chi arriva con un piatto di pasta e un bicchiere di vino, se si può.
La mia stretta di mano è il cero acceso nel buio, la mia luce preferita: primitiva, bassa e naturale. Attira lo sguardo ma non ferisce gli occhi, non incanta come il fuoco di sterpi, e la devi curare e controllare bene, se vuoi che resti accesa. Io voglio questo dalla politica: un uomo o una donna che valga la mia stretta di mano, la mia speranza, il mio tempo e la mia voce. Chiunque riesce a trovare tutto questo in un candidato può e deve votare sicuro. Chiunque egli sia.


In a few hours we’re voting for the new mayor and town council. I’ve always voted so far, not that I truly believed in my vote. Maybe because I was born disenchanted, maybe because, lucky me, within my Twenties I had already seen a slice of the outside world big enough to make me believe it was almost always better out there than here.
So, why am I still here, then? The answer's simple: it happens. Am I going to stay? As for now, I don't really think so. That's why I am writing this blog in two languages, because I truly hope that, one day, my kids will read it from far away, and they will take the chance to practice a little Italian (one of the few things to be proud of in this country, Language, and Culture as well – yes, in capitals!) and see how the country we left looked like to me back then. One of the civil lists on the run for this upcoming election has a motto: “To change the country not to change country". Personally speaking, I scarcely believe this country is any likely to change though, as hope always dies last, I guess I will vote for this motto. I'll vote it because I know who coined those words, I shook his hand and I have his phone number. We talk as long time friends, he answers my e-mails and he also spent week-ends and holidays to help me out. I’ll vote him because he’s like me, he works hard, makes lots of sacrifices and does not use my money to advertise for himself, as many politicians actually do. I'll vote him also because, as a politician, he's a newbie, because in this country experience frequently means corruptibility. I’ll vote him because I am confident that, if he’s elected,  he will still answer to my e-mails, because his humility is his strength and the will to serve others is strong within him. I’ll vote him because I believe him when he says in ten years at most he’ll be back to his previous business – if it does not fail in the meantime, of course -. Even now he has trouble sleeping, even now he eats his heart out for everything he cares about. Ten years like that and you're either ulcerated or, at worst, dead. And perhaps he’s also looking forward to a family of his own, but I guess it’s become clear to him by now that, to do what he wants, he shall wait at least a while for that. The way I see it, he seems one of those who gives it all to do things at best. He's one of those really worth a handshake, one of those who, if tripped, would get immediately back on his feet and, most of all, would learn the lesson from the fall, not to repeat it. He's someone who's not afraid to apologize, if needed, to admit he was wrong, but he's not someone who quits. He wants to be known for who he really is: if you're born Grana Padano, there's no use in pretending to sell yourself out as Parmigiano Reggiano, because it’s very easy to spot the difference, for almost everyone hereabout. When he looks at you, whoever you are, he sees someone he can always learn from, that’s why you can see his eyes glowing with a mixture of curiosity and respect, because he truly wants to get to know you better to be able to serve you better. His handshake to me is worth much more than a cross a piece of paper. It's my little hope a stranger can change this little big world that is Bologna. Little, because somehow, though inexplicably, we all know each other, more or less. Big, because Bologna is like the hall of this country, where newcomers are still welcome with a dish of pasta and a glass of wine, if possible. My handshake is like a candle lit in the dark, my truly favourite light: primitive, low and natural. It catches the eye but does not harm the sight, it does not enchant like a fire of woods and you must check on it carefully and frequently if you want it to keep shining. That's what I want from politics: a man or a woman worth my handshake, my hope, my time and my voice. Whoever can find all this in a candidate should have not doubt to vote for him or her. Whoever he or she is.