domenica 18 dicembre 2011

THIS CHRISTMAS - QUESTO NATALE

All I want for Christmas is…what I already have. Of course, there are several things which might come in handy, though would not significantly affect my daily living. Then, I say I can live without all of them.
I’m already happy with the thoughts (yes, right the intangible ones!) of my dear ones, a kiss, a hug from my family members in turn. Top wish by now is a family moment at lunch or dinner, and that’s it. I know I’m one of the lucky ones, and I cannot but thank for all of the support  I receive daily from the people who’re close to me. Then, if I may, this Christmas I wish to give back a bit, instead of just receiving. And for “giving back” I mean even just leaning a hand, being there for who’s in need, giving my support and my help. I wish to contribute to improving the days of those around me, spreading a bit of that long-awaited positivity, which I’m featuring now and seems to intend to stay for a while. Christmas celebrates the Renewal of Life, as it has for centuries so far, that one and only opportunity which is so precious to every Being and allows us Humans, as on this little planet as in the immensity of the Universe, to call each other Brothers and Sister, regardless of any Philosophy or Confession.  
This is why it is my intention to celebrate Life, as much as I am allowed to. Which is why I’m starting with wishing everyone the very best for the upcoming celebrations! May the Present and the Future hold the very love of Life for you all! Happy Holidays!


Tutto ciò che voglio per Natale è...quel che ho. Senza dubbio ci sono un sacco di cose che mi farebbero comodo ma che non cambierebbero in modo sostanziale le mie giornate o la mia vita. Ne faccio volentieri a meno. Mi bastano i pensieri (sì, quelli impalpabili, proprio quelli) di chi mi vuole bene, un bacio, un abbraccio dai miei cari e, se proprio vogliamo strafare, un bel pranzo in famiglia. So di essere una persona fortunata e non posso che ringraziare per tutto il sostegno che ricevo quotidianamente da chi mi è vicino. Perciò, se posso, questo Natale preferisco "dare" qualcosa, invece che ricevere. Per "dare" intendo anche semplicemente una mano, la mia presenza, il mio sostegno, il mio aiuto. Voglio contribuire a migliorare le giornate di chi mi sta attorno, spargendo una positività che a lungo ho agognato di raggiungere e che, finalmente, c'è e sembra intenzionata a restare. Il Natale è la festa del Rinnovo della Vita, da secoli, quella Vita unica e preziosa che ci rende Fratelli e Sorelle tutti (indipendentemente dal Credo o dalla Filosofia), su questo piccolo pianeta e nell'immenso Universo. Perciò, intendo proprio celebrare la Vita, per come posso, per come sono. 
E comincio con l'augurare a TUTTI delle Feste Favolose! Che il Presente e il Futuro vi riservino l'Amore per la Vita quotidiano, sia vostro, che altrui! Buon Natale

lunedì 5 dicembre 2011

my boy - il mio bimbo

Nella mia seppur breve, finora, esperienza, avere due figli significa percepire la necessità di un paio d'occhi extra almeno una volta al giorno. Ora che la bimba frequenta l'asilo ho tempo da dedicare al fratello - come da programma - e posso finalmente osservarlo meglio. Stranamente, scopro di conoscerlo più di quanto credessi, come se quel paio d'occhi extra fossi, in qualche modo, riuscita a usarlo. Il mio bimbo è davvero una meraviglia a trecentosessanta gradi. É vigile, attento, impegnato. Cerca di rendermi partecipe di qualsiasi cosa faccia, il che, abituata alla sorella, cui dovevo e devo star dietro se voglio imparare qualcosa, è una novità! Il bimbo sorride spesso, chiama "mamma" quando ha bisogno che lo ascolti ed esplora in continuazione tutto quello che lo circonda. La mobilità gli difetta? E allora si ingegna con le mani e con i piedi. Afferra gli oggetti e li maneggia con una sicurezza che non ho mai visto in sua sorella. Mangia sempre come se fosse l'ultima cena che gli resta e non lascia neanche una briciola. Cerca l'interazione con tutta la sua famiglia (cani inclusi) e ha bisogno di mamma e papà che, se se ne vanno sotto ai suoi occhi, scatenano un infermo di strepiti e lacrime. Gli estranei sono, invece, inutili, e se non ci sono è anche meglio. Se qualcuno diventa "di casa", allora si esprime con qualche vocalizzo e li degna di uno sguardo o due in più ogni volta che tornano. Sua sorella sembra una sorta di divinità per lui, tanto che è lei che decide cosa guardare alla tv e lui neanche ci pensa a protestare. Si è persino adeguato a Topolino &co., nonostante sia ancora piccolo per seguirne le avventure. Dicono che i maschietti sono lenti a capire; il mio no. Semmai è lento a muoversi ma per il resto è ben all'erta. Il suo papà dice che è un "puccettone", che non da a vedere di essere del tutto sveglio. Secondo me è uno che, invece, dissimula bene. Non sarà uno che tira a fare il furbo, ma uno che tira a ottenere quel che vuole sì. La differenza è che lui pianifica invece di tentare di fregarti. Essere metodici alla sua età ha dei discreti vantaggi e lui questo l'ha ben capito. É uno che non molla l'osso ma che sa ben stabilire le sue priorità. Gli è stato insegnato fin da subito che farsi capire è vantaggioso perciò non spreca tempo a far capricci. Se piange, il motivo c'è e si capisce, laddove non si vede. Se è girato storto o è arrabbiato non v'è dubbio che metta le cose in chiaro alla svelta, rovinandoti anche tutto un fine settimana se vuole. Però sa anche farti volare di gioia e orgoglio: quando ride, con la sua bella attrezzatura di sette denti e uno in arrivo, solo perché stai facendo una boccaccia; quando, in piscina, si fa cullare a dorso sbattendo i piedini come se avesse nuotato tutta la sua vita precedente (e allora capisci come fanno i trichechi ad essere tanto impacciati sulla terra e tanto aggraziati in acqua); quando ti prende il viso con le manine per attirare la tua attenzione e ti stampa un bel bacione a bocca aperta sul naso (e non cerca di morderti, perciò di sicuro quello è un bacio); quando, sotto la doccia, gorgoglia e sbatte gli occhi quando l'acqua gli cala sul viso e poi, di nuovo, ride, chissà perché. É un bimbo semplice, il mio bel muso, e così complesso nella sua semplicità, che davvero non ti basta una giornata intera per osservarlo. É nato per secondo, eppure non sembra soffrire granché, per ora, perché il suo posto in casa gli è, non si sa come, chiaro e, in qualche modo, sa che non gli mancherà mai niente di quello che gli serve e, semmai fosse, sa che ha i mezzi per procurarselo. É un piccolo grande uomo già adesso: anche se può sembrare fragile, non è affatto impacciato. Esattamente come sua sorella, fa solo ciò che deve e vuole quando deve e vuole. É avanti un pezzo, ormai è chiaro, anche se fare il tricheco è comodo e gli permette di farsi abbracciare un po' di più. A lui piacciono le coccole. Ne sa qualcosa il suo papà che, un po' incuriosito e un po', forse, stupito rispetto alle affermazioni di rito sull'affettuosità di bimbi e bimbe, si ritrova con un maschietto affettuoso e un po' appiccicoso e una femminuccia, a tratti, sfuggente. Ma il bimbo ci sta lavorando per farsi apprezzare: ha capito che il babbo, in fondo, è uno facile da prendere se gli dai attenzione e a lui piace un sacco concentrarsi sul babbo. Tutta l'ansia dei primi due mesi sembra relegata a brevi momenti di panico legati alla novità di turno. Però se ci sono mamma, papà o la sorella, anche queste perdono tenore e diventano passaggi curiosi di un evolvere quotidiano. Il piccolo tricheco non ha fretta di muoversi ma ha fame di imparare.

martedì 18 ottobre 2011

1,2,3...10!

Mamma (da ora in poi solo M): "Uno"
Letizia (da ora in poi solo L): "Due"
M: "Tre"
L: "Quatto"
M:"Cinque"
L: "Scei"
M: "Sette"
L: "Otto"
M: "Nove"
L: "DECI!"
M: "Brava!"
L: "Gascie!"

Se comincia lei da uno finisce a nove ma il complimento se lo prende lo stesso e ringrazia comunque. Ma a due anni io sapevo contare da uno a dieci?
Tre settimane fa c'era solo "acqua"...


Mom (from now on just M): "One"
Letizia (from now on just L): "Two"
M: "Three"
L: "Fou'"
M:"Five"
L: "Shix"
M: "Seven"
L: "Eight"
M: "Nine"
L: "TEN!"
M: "Awesome!"
L: "Tank-you!"


If she begins the count she ends up with number nine but she enjoys the compliment and thanks anyway. Could I count to ten when I was two?
Three weeks ago it was just "Water"....

sabato 1 ottobre 2011

Avanzamento di livello - Level up

...e 50 finalmente varcò le soglie dell'asilo e il crociato conquistò la posizione seduta! La concomitanza degli eventi è da calendario. Segnare prego. Esito dell'avanzamento di livello della bimba: OGGI, 29-09-20111, quando la sono andata a prendere, 50 mi è corsa incontro a braccia spalancate gridando :"Mamma!". E io mi sono sciolta come il cioccolato nel microonde. Cioè, non è la prima volta che mi chiama a proposito. A onor del vero, nelle ultime due settimane i progressi, da quel primo "acqua" che fu, sono stati incredibili. Il paragone più azzeccato è quello del tappo dello spumante, che se n'è volato via portandosi dietro fiumi di tentativi di ripetizione di parole nuove e, tutto d'un colpo, anche qualche frase qua e là, tanto perché eravamo rimasti indietro e la pupa è in fase di recupero. Insomma, un'esplosione! Abbiamo passato quasi un anno in attesa di qualche suono organizzato, sempre all'erta al minimo cambiamento, tanto che, ormai, il ritmo "en relenti" ci era entrato nel sangue. Poi, come, di fatto, capita quasi a tutti, alla soglia dei due anni (e qui, vorrei specificare, esattamente a tre giorni dalla scadenza. Sarà anche ironico ma la pupa è nata esattamente tre giorni prima del termine...corsi e ricorsi?!), la bimba è passata da zero a cento nel giro di meri giorni. In tutto questo tu, genitore-spettatore-stimolatore a comando (del bimbo), gongoli come se non ci fosse un domani tutte le volte che la vocetta trilleggiante chiama "mamma" o "papà" e, qualche volta, ti chiedi quanto durerà questo stato di beatitudine. Io spero proprio parecchio.
Frattanto, il crociato ha cominciato ad apprezzare molto le nuove facoltà che la sua migliorata muscolatura gli consentono. Stare seduto, ed allenare gli addominali nel portarsi dalla posizione semi-sdraiata in su, è un must di qualsiasi giornata, specialmente a passeggio. Il mondo deve avere acquisito un sacco di nuovi contorni per lui. Il crociato è decisamente cambiato da due mesi a questa parte. Le generose razioni di cibo - da mandarci sul lastrico, e non esagero - unite a massicce dosi di sonno ristoratore, hanno tirato fuori un'indole solare e serena prima ignota. Il bimbo ride, gioca, cerca interazione con la sorella e coi genitori, si bea di qualsiasi attenzione riceva ed è ligio alle abitudini...il che vuol dire che se, ahinoi, arrivi in ritardo con pappa,  pulizia della cacca, o ora della nanna, beh, giustamente paghi (doppio). I miei timpani hanno presentato ufficialmente una petizione al cervello per ottenere la certificazione di patrimonio personale di ineluttabile necessità ed essere così preservati a tutti i costi grazie ad un pronto intervento di coordinamento della sottoscritta volto a rispettare gli orari del crociato. Non sto scherzando. Per il resto, come dicevo, il bimbo è un cicciobello spettacolare. Ogni tanto non ci si capacita della provenienza di questo piccolo titano biondissimo (con tanto di ciuffo alla Billy Idol) con gli occhi cerulei che tutti, ma tutti, si fermano a comtemplare (anche per strada sì, le passeggiate, da questo punto di vista, sono un incubo. Per gli anziani è peggio di un cantiere aperto alle sette del mattino!). Dal canto suo sa farsi proprio benvolere e, in più si è appena scoperto che adora letteralmente stare nell'acqua. La piscina sembra il regno da cui è stato esiliato il giorno che è nato, visto che non c'è minuto che passi a mollo (con annesse immersioni) che non rida, spruzzi o interagisca giocosamente con chiunque (sulla terra non capita! Ne sa qualcosa la mia sarta ottantenne, il cui tentativo di prenderlo in braccio senza le dovute presentazioni ha scatenato la sirena della stazione dei pompieri più prossima). Riesce a reggere quasi quaranta minuti a mollo tra giochi e movimento senza accusare neanche mezzo sbadiglio e, uscito, resiste persino alla fame chimica. Insomma, un tritoncello navigato, è il caso di dirlo. E per mamma e papà il divertimento è assicurato :-)

domenica 11 settembre 2011

A good idea - Una buona idea

This post follows the vision of the movie "The social network", which I happened to see on cable tv a couple of days ago. It's pretty much the story behind Facebook and how its creator, Mr. Mark Zuckerberg, got to be a millionaire without really caring about making money. He had a good idea, probably one of the best of the last decade, and he simply put it into practice, just for people to share it on the internet. And I found myself thinking: "Wow! That's cool". I saw the movie dubbed in Italian but I’m pretty sure the word “cool” was mentioned a significant amount of times throughout the whole film. Eventually, it is more likely that Zuckerberg created FB for this, because it was COOL. The creator of such a thing must inevitably be considered as the COOLEST guy on Earth. Honestly, that’s not my opinion of him but I must admit he knows what’s what, at least when it comes to Informatics and internet sharing. Do I envy him? Not really. I would not exchange place with him for a single day. Do I envy his idea? Well, then, yes, I certainly do. Fact is I realized the best ideas are those who do not aim at making money. Apparently, though, this feature is the main trait of the most money-making ideas ever conceived. So I’m looking for a really good idea which apparently is not money-making. Does that make sense? Probably not.
Actually, internet has opened the widest possible range of opportunities for everyone in this world. For example, it’s given people the chance to talk freely to each other, anytime, in real time, tearing down any spatial and/or temporal distance. In my case, I really have to say thank you to all of the parents' forums I've been visiting in the past two years, for all of the support and suggestions I've received. They made me spare lots of worries, time and also money.
I've been thinking a lot about creating the biggest community of moms and dads, a way to help new parents to adapt to the new situation, to have a satisfactory and improving relationship with their kids and partners, to find new job opportunities for those who are forced to remain at home. This network of people should be available to cooperate for free - a sort of Bank-of-Time kind of commitment -, offering  free time and know-how to create a family care and support system which could effectively join and, if necessary, substitute the statal family policies - whevener weak of deficient - , though without weighing down on the taxpayers. Of course, such a network should be well organized and constantly operating to be so effective, but I bet this could be arranged thanks to the contribution of some participants. If this could actually be done for free it would be great, because it would show things can be done simply for the people's well-being. Happier and more satisfied parents and children are the key factor to a better future. Finally, then, if there's a potential Mark Zuckerberg out there who'd like to help develop this idea, please come forward. Unfortunately I have no money to pay you for this  but I bet the results might be worth any fee.
  
Questo post segue la visione del film “The social network" di un paio di giorni fa su Sky. A grandi linee tratta della storia di Facebook e di come il suo creatore, il sig. Mark Zuckerberg, è diventato milionario senza, di fatto, essere interessato ai soldi. Ha avuto una buona idea e l'ha messa in pratica, mettendola a disposizione della gente in rete. E allora ho pensato "Wow! Fico!". Il film l’ho visto doppiato in italiano, ma sono abbastanza sicura che la parola “cool” (fico, appunto) sia stata ripetuta un buon numero di volte per tutte le due ore e passa della riproduzione. In realtà è molto più probabile che Zuckerberg abbia creato FB proprio perché era fico e, di conseguenza il creatore di una cosa simile diventa inevitabilmente il tizio più fico del mondo. Onestamente non è esattamente questa la mia opinione su Zuckerberg ma devo ammettere che l’amico sa il fatto proprio, se non altro in termini di informatica e condivisione in rete. Se farei a cambio con lui? Non direi. Anzi, diciamo proprio manco per sbaglio. Se gli invidio l’idea? Alla grande che sì. Il fatto è che ormai mi è chiaro che le idee migliori sono quelle che non nascono con lo scopo di fare soldi. Tuttavia, apparentemente è proprio questa loro caratteristica a trasformarle nelle più grosse fabbriche di soldi della storia. Pertanto sono alla ricerca di un’idea decisamente buona che non miri al profitto. Ha senso? Forse no.
In realtà internet ha spalancato le porte ad una gamma impensabile di opportunità per chiunque, a questo mondo. Ad esempio, ha dato alle persone la possibilità di comunicare liberamente in qualsiasi momento e in tempo reale, abbattendo distanze fisiche e temporali. Per quanto mi riguarda , devo solo ringraziare tutti i forum per genitori che ho visitato negli ultimi due anni, per il sostegno e per tutti i suggerimenti che vi ho trovato. Mi hanno fatto risparmiare un sacco di preoccupazioni, di tempo e anche di soldi.
E’ un bel po’ che penso a come fare per creare la più grande community di mamme e papà, un modo di aiutare i neo genitori ad adattarsi alle nuove situazioni , ad avere rapporti positivi e migliorativi sia con i propri bambini che con il/la proprio/a compagno/a, e a trovare nuove opportunità di lavoro  per chi è obbligato a restare a casa. Questa rete di persone dovrebbe essere disponibile ad operare gratuitamente – un po' sul modello della Banca del Tempo – offrendo spontaneamente  il proprio tempo e le proprie conoscenze allo scopo di creare un sistema a sostegno ed assistenza della famiglia, che potrebbe affiancare se non addirittura sostituirsi, se necessario, alle politiche statali deputate, laddove queste si rivelino deboli o scarsamente efficienti. Il tutto, va da se, a costo zero per i contribuenti. Ovviamente, una rete del genere dovrebbe essere ben organizzata e continuamente attiva per poter essere efficiente, tuttavia penso che alcuni dei partecipanti saprebbero e potrebbero occuparsi anche di questo aspetto. Se questa cosa si potesse realizzare, gratuitamente, sarebbe fantastico; dimostrerebbe, infatti, che è possibile fare qualcosa allo scopo del solo benessere delle persone. Genitori e figli più felici e soddisfatti, infatti, sono la chiave del nostro futuro. Quindi, se per caso c’è un potenziale Mark Zuckerberg la fuori che ha voglia di sviluppare questa idea, si faccia pure avanti!Purtroppo non ho soldi da investire ma penso che i risultati varrebbero qualsiasi introito.

lunedì 22 agosto 2011

Help helps - L'aiuto aiuta


I won’t ever stop repeating how a complete experience being a Parent in Progress has been to me so far. The biggest everyday challenge of a lifetime, if you take it seriously as you should, of course. It’s a call in question not only for yourself, but for everyone who’s part of your family, that means you, your partner and your children. Today, I’d just like to remind myself and the rest of the parenting world how important it is to be on that call, available to start all over again everyday, not be afraid to take sides, make judgments and mistakes, but most of all, to stay humble enough to remember our biggest resource is help from outside. In the last few days, we’re been having our issues with ’50, who’s about to turn 2 with all that it entails. This means the little girl’s become quite sensitive about almost everything – and that’s a euphemism for “impossibly whimsical” – closer to mom – or, worse, grandma - than a mussel to a rock, always trying to drive our attention to her and what she wants us to do with or for her – though, mostly for. Suffices to say she’s just exhausting, more than the high-pressured two weeks with fixed 102-104 °F we’re going through.
Involuntarily of course, she drove us to a series of huge fights – more due to frustration than anger – we managed to solve positively, thank god, but just because we understood the importance to stay together through this very delicate moment. That was not easy but it was important. For example, it made me understand some new things about me, not just as a mom but as a person too, it gave me the chance to look at things from a different perspective and, most of all, it reminded me that listening to other opinions is always extremely helpful. It’s always so easy to forget I need to ask for help if I want to survive. Unfortunately, I tend to concentrate things in my hands with the misleading thought I can make them quicker. Fact is, sometimes I don’t even get to complete a single task of the day, because I’m too busy trying to hold things up together. I must admit I need help and, if I don’t, I need someone to remember me. Lucky me, I’ve got my D.I.P.. Thank god we’re in this together and are both willing to stay and, let’s face it, yeah, to win this.
So the little lady is tough yeah, but we’re tough too. As I got I wasn’t able to make it through on my own, I decided to check the web for some parent forums, so to see if our problem was as common as we supposed, and how other people dealt with it. Lucky us the so-called “terrible twos” are a common issue. I could find plenty of opinions and good tips here and there. It’s already started to pay back, as I do not feel as frustrated as before, just simply because now I have a new perspective on the problem. Let’s hope we’ll be off this moment soon enough, because I’m sure there are plenty others to come up.
However, there’s always a bright side, even in Hell’s Kitchen – and it could not be more appropriate these days – and that is the girl seems to be starting to utter some meaning words. The very first she came up with yesterday - August 21st, 23 months just over, just for the record – when she pointed her chubby little finger at her bottle and exclaimed: "ACQU" (water). There's still a missing "A" at the end but she was damn clear, no doubt about it. Her first word is not “mama” or “daddy” or anything, that is. But it’s just the essence of biological life: “water”. And it’s not the easiest word ever to start with, by the way, so, we can really say the girl’s got the right stuff!
In the meantime, the boy’s making progress, slowly but constantly. He’s managing to keep his head up properly, can sleep alone in his bed and share the room with his sister, but most of all he sleeps overnight, 10 to 11 hours, just waking up a couple of times for thirst and simply falling asleep again on his own every time. And that’s amazing folks! So while the girl’s getting troubled, the boy seems to be in a new, positive phase, thank goodness. He eats and sleeps well, he’s willing to talk and he’s starting to giggle the more and more frequently, and he’s all smiles to both mom and dad. Only thing is: he appears not to bee too confident with visitors – and that’s not necessarily a negative thing – which means his grands are sometimes ignored or just studied and not granted a single smile in a day. Anyway, he’s generally lovely and peaceful, which is an enormous progress for us. We’ll see what happens next.

Non smetterò mai di ripetere quanto fare il genitore in carriera sia un’esperienza totalizzante per la sottoscritta. E’ la più grande sfida della tua vita,, se presa seriamente, come si deve, ovviamente. E’ una chiamata in causa continua non solo per te ma per tutti i membri della famiglia, quindi il/la tuo/a compagno/a e i tuoi bambini. Oggi, vorrei ricordare sia a me che al resto del mondo l’importanza di stare “sul pezzo”, disponibili a ripartire daccapo tutti i giorni, a non aver paura di prendere posizione ed emettere giudizi, ma soprattutto, di restare umili a sufficienza per rammentare che la migliore risorsa che abbiamo è l’aiuto esterno. Negli ultimi giorni abbiamo avuto il nostro bel daffare con ’50, che sta per compiere due anni con tutto quel che ciò comporta. La bimba, infatti, si mostra estremamente sensibile a tutto – un eufemismo per “insopportabilmente capricciosa” – appiccicata alla mamma – o, peggio, alla nonna - come una cozza ad uno scoglio, e perennemente intenta ad attirare la nostra attenzione su di lei o su cosa vuole che facciamo con o per lei – nella maggioranza dei casi vale il “per”. Si può dire che ti esaurisce anche oltre le due settimane di alta pressione a 39-40 °C fissi che stiamo attraversando.
Ovviamente senza volere, ci ha spinto a un paio di litigate serie – per la verità più frutto della frustrazione che della rabbia – che, per fortuna, siamo riusciti a risolvere positivamente, ma solo perché ci siamo resi conto dell’importanza di stare uniti in questo momento tanto delicato. Non che sia stato facile, ma importante sì. Ad esempio perché ha messo in luce nuovi aspetti di me, non solo come mamma ma come persona, mi ha dato la possibilità di guardare le cose da un altro punto di vista e, soprattutto, mi ha ricordato che aiuta davvero ascoltare altre opinioni.
E’ anche troppo facile dimenticarsi che chiedere aiuto è fondamentale per sopravvivere. Purtroppo ho la tendenza a fare tutto io con il pensiero fuorviante, in questo modo, di far prima. La realtà è che a volte faccio fatica a portare a casa un singolo risultato al giorno, perché sono troppo occupata a tener dietro a tutto il resto. Devo scendere a patti con l'idea di aver bisogno d'aiuto e, se non ci riesco da sola, bisogna che qualcuno me lo faccia presente. Per fortuna c'è il D.I.P. Grazie al cielo in questa cosa siamo in due, determinati a restare e, sì, ammettiamolo, a vincere. Perciò se la signorina è tosta, lo siamo anche noi. Siccome ho capito che per conto mio non ci saltavo fuori, mi sono guardata intorno sul web, spulciando qualche forum di genitori per capire se il nostro problema potesse essere comune come credevamo noi e come lo affrontassero altri genitori. Per nostra fortuna, i cosiddetti “terribili due” sono un problema condiviso. Ho trovato tantissime opinioni in merito e svariati buoni consigli qui e là, che, tra l'altro, hanno già cominciato a rendere. Infatti non mi sento più frustrata come prima, se non altro perché ho acquisito una nuova prospettiva sul problema. Speriamo di uscirne presto, perché ho idea che ce ne siano ben altri dietro l'angolo ad aspettare.
In tutto questo c’è sempre una buona notizia, anche all'anticamera dell'inferno - e in questi giorni si può ben dire - ed è che la bimba sembra finalmente arrivata a pronunciare qualche  parola pregna di significato. La prima è arrivata giusto ieri – 21 agosto, 23 mesi appena compiuti, per la cronaca – quando, puntando il ditino ciccioso al suo biberon ha esclamato: “ACQU”. Manca ancora una “a” finale ma è stata così esplicita da non lasciare dubbi. Non sarà “mamma” o “papà” o niente del genere. Però è l’essenza della vita biologica: “acqua”. Tra l’altro non è neanche una parola facile da pronunciare, perciò si può ben dire che la bimba ha i numeri, e tutti giusti!
Nel frattempo, il bimbo fa progressi, in modo lento ma costante. E’ in grado di gestire i movimenti della testa autonomamente, riesce a dormire da solo nel suo lettino e a dividere la stanza con la sorella, ma, soprattutto, si fa 10-11 ore di sonno in fila svegliandosi solo un paio di volte per la sete e riaddormentadosi subito dopo. E questo sì che è un traguardo, gente! Perciò, se la bimba fa dannare, il fratello sembra essere entrato in una fase indubbiamente positiva, per fortuna. Mangia e dorme bene, ha voglia di chiacchierare, e ha cominciato a parlottare a modo suo sempre più spesso e sorride tanto a mamma e papà. C'è solo una cosa: non sembra gradire granché i visitatori - anche se non è necessariamente una cosa negativa - il che vuol dire che alle volte non degna neanche i nonni o, se lo fa, resta in fase di studio e non regala un sorriso neanche morto per tutta la giornata. Per il resto è comunque un bimbo adorabile e pacifico, un progresso da elefante per noi. Vedremo cosa ci aspetta a breve.

And existence becomes an immense certainty - E l’esistenza diventa una immensa certezza


Hey there, please do not be afraid. It's still me, your favourite M.I.P. speaking. I've not been converted on the way to Damascus, like St. Paul. I've just read this phrase a few minutes ago and decided to take some time to think about it. It's really not the phrase in itself that strikes me, but a question that lies behind it, which could easily be: which certainties do I really have in this life? That's a threatening question, don't you think? A tough matter for many,  if not most people living in the so called "rich western world". Trouble is, people need certainties as much as the air they breathe, because certainties make you feel safe. A single certainty, and you feel like you can destroy all of your fears with a single shot. They vanish, like if blown away by a magic spell. Then all of your scars and wounds, and lost time seeking peace will be finally forgotten.
Jeez, that's a threatening thought to me. I feel so comfortable with my daily living, just not knowing, just discovering bit by bit, change by change, what the future holds or might bring. It took me years to realize balance comes for me with the Socratic thought that I am wiser because I do not fancy to know what I don't (or can't). That's the only possible absolute wisdom I could ever reach. Although this might sound as a frightening thought, I find it completely comforting. After all, it says you can lift that oppressive weight off your shoulders, the weight the search for certainties inevitably entails, and start concentrating on something else, like the mystery of life: so different in all its various appearances, but, substantially, a sole entity. I started to feel a lot better once I've abandoned this search, once I've taken over the responsibility to be my own spiritual guide. I know many people won't understand or share this thought, but that's who I am and it makes me feel me, which is much more than many other people can say about themselves. After all, my spirit exists as long as I do, and that's not some sort of religious speculation but the real manifestation of myself. I do believe in that spirit, and I believe in Physics rules too, so as nothing can be created or destroyed though everything transforms, I believe my spirit is not new to this world, make it strictly our homeland Earth or this Universe, it comes from far away and once I'll be gone, it'll be gone too, but just forward I believe, and hopefully to a better place. My task in this life is to make the best of it, because this is its one and only shot at life with me carrying it on. After all, I can agree on something about the phrase of the post title: I am certain to be alive until proven otherwise. It's not an absolute certainty but that's something. Probably more than I could ever ask for. And I ask for nothing more than that. 

Heilà, niente paura, sono sempre io, la vostra M.I.P. E non m’hanno ancora folgorato sulla via di Damasco come San Paolo. Semplicemente, ho letto questa frase qualche minuto fa e mi son presa qualche minuto per rifletterci su. Non che sia la frase in se a darmi da pensare, ma una domanda che potrebbe implicitamente soggiacervi, del tipo: che certezze si hanno veramente nella vita? Domandina pesante, no? E direi una questione spinosa per molti se non la maggioranza degli abitanti del cosiddetto “occidente ricco”. Il problema è che la gente ha effettivamente  bisogno di certezze quanto dell’aria che respira, perché sono le certezze a dare sicurezza. Una singola certezza al proprio arco equivale all’arma definitiva contro ogni paura, al primo colpo. I timori vengono spazzati via come per magia e tutte le ferite e le cicatrici e il tempo perso alla ricerca di quell’oasi di pace sono finalmente un vago ricordo.
Brr…ecco questo sì che è un pensiero agghiacciante per la sottoscritta. Sto così bene col mio quotidiano, nell’ignoranza del momento successivo, di quel futuro che posso scoprire un po’ alla volta, cambiamento dopo cambiamento. Mi ci sono voluti anni per comprendere che l’equilibrio per me arriva con il socratico pensiero che la mia unica saggezza assoluta possibile sta nella consapevolezza della mia ignoranza. Potrebbe sembrare un’idea spaventosa mentre per la sottoscritta è solo un pensiero confortante. In fondo, è ciò che ti autorizza a toglierti di dosso il peso opprimente che la ricerca di qualsiasi certezza inevitabilmente porta con se, e a cominciare a concentrarti su altro, ad esempio sul mistero della vita: così diversa in tutte le sue molteplici apparenze, e, in fondo, un’unità così completa. Ho cominciato a sentirmi molto meglio da quando ho abbandonato la cerca di cui sopra, prendendo a mano la responsabilità della mia spiritualità. So che in molti non comprenderanno né condivideranno quest’idea , tuttavia essa definisce chi io sia ed è molto più di quanto la maggioranza della gente possa dire di se. Dopotutto, il mio spirito vive finché io vivo, e non c’è niente di religioso in questo, solo la semplice manifestazione della mia persona. Io credo molto in questo spirito e anche nella Fisica, poiché se nulla si crea o si distrugge ma tutto si trasforma, esso non è nuovo di questo mondo, sia esso, in piccolo, il pianeta Terra o l’Universo tutto, arriva da lontano, e una volta che me ne sarò andata se ne andrà anch’esso, semplicemente avanti, io credo, ma, si spera, in un luogo migliore. Il mio compito in questa vita è rendergli il servizio migliore che posso, perché questa è la mia sola possibilità come portatore di questo spirito. Dopotutto posso anche concordare con parte della frase del titolo del post: sono certa di essere viva, almeno fino a prova contraria. Non che sia una certezza assoluta ma è già qualcosa, forse molto più di quanto potrei mai desiderare. Ed io non chiedo altro.

venerdì 15 luglio 2011

The turning point - Il giro di boa

In 5 days, 50 will turn 22 months. She’s getting closer and closer to the completion of her second year of life, and the long awaited chain of major changes in her levels of attention an communication seems to be finally at hand. During the past week, she made lots of what we could call "progresses", slowly accepting a little more interaction with her P.I.P.s every day, which led her to learn several new words and gestures.
She does not speak a meaning  word yet, excluding the monosyllable "No" - which she accompanies with a strong shaking of her head in sign of denial, that's why we're sure about the meaning. - However, the new "indicating" feature she's recently added to her evolving character, which led her to point at almost everything around her with her chubby little second finger, has been coming handy when  it comes to ask her : "Baby, where is mom?." The answer comes swiftly and smiley as she indicates her M.I.P.. Moreover, the answer is greeted by a long loud applause by both P.I.P.s and herself. Actually, she likes it so much she starts to applaud alone just after she gave the answer, waiting for us to join and compliment her.  Fully excited by the progress, we've been adding words to the game so that she can now correctly point at several people and objects. We know she knows the words: mom, dad, grandma, grandpa, both dog's names, brother, glass, bottle, water, bread and fork (practically everything she can check on the table plus her family).
She perfectly identifies her brother by his name, she understands when it's time to go to bed and she's starting to refuse to leave the "grown-ups area" when the time comes and, last but not least, she has a clear concept of "absence". Approximately like a 3-tear-old dog (as to say, a fully grown specimen), she is able to determine whether something or someone is present or not. We taught her to lift both her hands up when we ask her of something she cannot see around, so now, whenever she can't see what we're asking her about or simply when she's doubtful about the answer to give, that gesture's become her answer. As mentioned, during the past week, she's proven to be extremely smart and, unexpectedly, eager to communicate with her P.I.P.s much more than during the past year. Something's definitely triggered inside her, because she now wants us to know her world is expanding and she needs us to help her through it. Believe it or not, she's been making loads of progresses without uttering a single word...and that's definitely amazing!
As for little brother Baby2, the boy's definitely different from his sister. At six and a half months of age, his need to communicate and to be in the centre of your attention is huge. He loves to be kissed and cuddled -he smiles all the time he's lifted or embraced, while his sister didn't use to.-  Plus, he's eager to discover as much as possible about the world around him so, opposite to his sister at his age, and probably due to the hard time he's been having in trying to lift up his head autonomously - it's hard for him to understand that being that big is not exactly an advantage in overcoming slow motion - he's been focusing a lot on his eye-hand coordination. He's perfectly able to grab, hold and manipulate any object close enough to him, better if soft and coloured. He loves any hanging toy you put in front of him and can spend a full afternoon trying to reach for his feet to munch them. 50 developed such abilities much later.
On the other hand, she was much more independent at his age, watched her favourite cartoons selecting them carefully and seemed to be interested only in dominating the TV remote, which probably evolved into her present interest for pc's, phones and hardware in general. Just today, though, the boy's proven to be able to keep his head lifted at will, and turn it on both sides when called - he perfectly responds to his name.
Eventually, the only things they seem to have in common is a true passion for food, sweating like little pigs, and physically growing extremely big and fast. They look like little titans compared to their same age but this does not bother me at all, except when it comes to pulling their strolls for miles every day, which is currently happening being our house at the seaside pretty far from the beach. Never mind, though, I take it as a chance to get back in shape sooner - if I survive the hot, of course.

  
Tra 5 giorni, 50 avrà 22 mesi. Si sta avvicinando rapidamente al compimento del suo secondo anno di vita e la lungo attesa catena di cambiamenti epocali nei suoi livelli di attenzione e comunicazione sembra essere finalmente a portata di mano. Nel corso della settimana passata, ha fatto molti di quelli che chiamerei "progressi", accettando lentamente un po’ più di interazione con i suoi P.I.P. ogni giorno, il che le ha permesso di apprendere parecchie parole e gesti nuovi.
Non che pronunci ancora una singola parola di senso compiuto, eccezion fatta per il monosillabo “No” (che accompagna con un vigoroso scuotere del capo in segno di negazione, per quello sappiamo con certezza che il significato è pienamente compreso). Tuttavia, la nuova moda dell’ “indicare” adottata di recente, con la quale si è risolta a puntare il piccolo indice ciccioso a praticamente qualsiasi cosa la circondi, si è rivelata provvidenziale allorché le si chiede: “Tesoro, dov’è la mamma?”. La risposta arriva rapida e sorridente e l’indice punta la M.I.P. presente. Inoltre, è accompagnata da un lungo e chiassoso applauso sia dai P.I.P. che dalla bimba stessa, che pare averci preso gusto, al punto che, appena data la risposta, si applaude da sola e si aspetta che noi le facciamo eco e ci congratuliamo. In preda all’eccitazione del momento, abbiamo aggiunto progressivamente altre parole al gioco, cosicché attualmente la bimba è in grado di indicare svariate persone e oggetti. Sappiamo quindi che ha ben chiaro il significato delle parole: mamma, papà, entrambi i nomi propri dei cani, fratello, bicchiere, bottiglia, acqua, pane e forchetta (cioè tutto quel che riesce ad identificare in tavola più la sua famiglia).
E’ in grado di distinguere suo fratello dal nome, capisce quando è ora di andare a letto, e comincia a ribellarsi all’idea di dover abbandonare la “zona degli adulti” quando arriva il momento e, dulcis in fundo, ha ben chiaro il concetto di “assente”. Più o meno come un cane di tre anni (ovvero un esemplare adulto), è in grado di discernere se qualcuno o qualcosa è presente, o meno. Le abbiamo insegnato a sollevare ambo i palmi della mani verso l’alto se le chiediamo di dirci dov'è qualcosa che non vede. Perciò, adesso, nel rispondere di qualcosa che non identifica o semplicemente nell’esprimere un dubbio sulla domanda posta, la sua risposta è quella. Come anticipato, nel corso della settimana passata si è dimostrata estremamente sveglia e, inaspettatamente, desiderosa di comunicare con i suoi P.I.P. molto più che nell’intero anno trascorso.  Qualcosa deve essere decisamente scattato dentro di lei perché, ora, desidera farci sapere che il suo mondo si sta ampliando e che l’aiutiamo a conoscerlo. Ci si creda o no, è riuscita a progredire in modo massivo senza spiccicare una singola parola…eccezionale!
Per quanto riguarda Baby2, il piccolo differisce notevolmente dalla sorella. A sei mesi e mezzo, il suo bisogno di comunicare ed essere al centro della nostra attenzione è assoluto. Adora essere baciato e coccolato (sorride ogni volta che lo si solleva e lo si prende in braccio mentre sua sorella neanche a piangere, alla sua stessa età). Inoltre, ha molta fretta di scoprire il mondo che lo circonda, perciò, al contrario della sorella alla sua età, e forse a causa dei problemi che ha avuto a tenere su la testa da solo - al poveretto pare incomprensibile quanto la stazza giochi a suo sfavore nel combattere la lentezza dei movimenti - si è focalizzato completamente sulla coordinazione occhio-mano. E' quindi perfettamente in grado di afferrare, tenere e manipolare qualsiasi oggetto alla sua portata, meglio se soffice e colorato. Adora qualsiasi gioco gli si faccia pendere di fronte ed è in grado di spendere un intero pomeriggio tentando di afferrarsi i piedi per mordicchiarli. 50 sviluppò abilità simili decisamente dopo.
D’altro canto la bimba era molto più indipendente a questa età, guardava i suoi cartoni preferiti con una certa qual selettività ed il suo unico interesse pareva essere il raggiungimento della piena padronanza del telecomando, caratteristica che, probabilmente, si è evoluta nella sua attuale passione per tutto ciò che sono computer, telefoni e hardware in genere. E' di oggi, tuttavia, la prima testimonianza ufficiale che l'era della testa penzoloni è al termine, anche per Baby2. E' infatti in grado di sollevarla e ruotarla da ambo le parti a piacere, specie se chiamato (distingue perfettamente il proprio nome).
In conclusione, le uniche cose che i bimbi sembrano condividere sono una vera passione per il cibo, il sudare come maialini ed una crescita rapida ed esponenziale. Sembrano dei piccoli titani rispetto ai coetanei ma la cosa non mi preoccupa, almeno non fin quando, alla fine, tocca spingere i passeggini per dei bei tratti sostenuti, tipo come qui al mare, dove la casa e la spiaggia distano assai. E vabbè, vorrà dire che comincerò a rimettermi in forma – ovviamente se si resiste al caldo, beninteso.

mercoledì 15 giugno 2011

Fare la mamma, fare la nonna

Prima o poi i P.I.P. ci passano tutti: l'incontro-scontro temuto e atteso con i PROPRI genitori sull'educazione dei PROPRI figli. Non so come fosse prima del '68 e della rivoluzione generazionale. Mio padre e mia madre raccontano che i loro genitori se ne fregavano altamente di dare consigli, però mi ricordo bene il disappunto - per non dire la gelosia - sulle loro facce quando vedevano benissimo che il nonno o la nonna di turno si guadagnava il mio affetto con uno schiocco di dita, spesso soprattutto perché mi permetteva di fare e/o avere cose con cui loro non erano d'accordo. Nel mio caso, avevo un rapporto strettissimo sia con la nonna materna, che però vedevo di rado perché abitava lontano, che con il nonno paterno, che, invece, vedevo più spesso e che non ha mai fatto mistero di volermi bene come fossi sua figlia. La prima mi faceva vedere tutta la televisione che volevo a tutte le ore e mangiare qualsiasi cosa volessi in qualsiasi momento. Passava ore a raccontarmi storie di quando era giovane e mi faceva pasticciare con il cibo. Il nonno era...beh, il nonno. Ogni volta, o quasi, che passavo il pomeriggio o la giornata dai nonni mi portava in centro a comprare una bambola - naturalmente, mio padre, che non voleva essere da meno, aveva adottato la stessa tattica, perciò a 5 anni avevo oltre 100 esemplari di vario genere che dormivano sul mio letto al posto mio. Se non facevamo tutto il giro dei negozi di giocattoli sotto le due torri poco ci mancava e, se non si comprava niente, era solo perché non avevo trovato qualcosa che mi piacesse davvero. Uscita da scuola PORTAVO IO IL NONNO a prendere il gelato - perché se aveva la scusa di mangiarlo con me allora la nonna non si arrabbiava - e mi facevo raccontare di quando era in marina e dei suoi viaggi in giro per il mondo per lavoro.
Stare con i nonni significava che mamma e papà passavano in secondo piano, oppure che non c'erano proprio. Certo, con tutti c'era una certa disciplina da rispettare: l'educazione non era in discussione e i ritmi della giornata li dettava la casa che mi ospitava, però, in generale, nell'aria c'era un bel po' di permissivismo che né all'asilo, né tanto meno a casa con la baby-sitter, mi sarebbe stato concesso. I nonni rendevano, insomma, la vita più facile. Non so, di fatto, ai miei genitori quanto questo disturbasse. Ripeto, le intromissioni in termini educativi erano scarse, per quel che ricordo, e comunque la mia peculiare situazione familiare e il fatto che i miei genitori passassero la gran parte del loro tempo fuori casa a lavorare faceva sì che la presenza dei nonni fosse da me concepita come un piacevole svago. La stragrande maggioranza dei ricordi della mia prima infanzia sono legati all'asilo, alla mia baby-sitter e a mio padre - che vedevo poco ma che faceva valere tutto il tempo che poteva passare con me.
I miei figli non vanno ancora all'asilo - 50 Grillo comincerà a frequentare la primavera della materna dal prossimo settembre - e, anomali tra i loro coetanei, non hanno baby-sitter o nonni-sitter, bensì vivono gran parte della loro settimana con entrambi i genitori, che lavorano in casa per occuparsi di loro. Questo permette a noi P.I.P. di turno di poter sperimentare una conoscenza  continua e diretta dei nostri figli nel doverli, nel contempo, educare. Cerco sempre di rammentare la parola ex-duco, nella sua origine latina, che significa "portare fuori" (sottinteso: dall'ignoranza). E' ben difficile condurre i passi della conoscenza di un bambino, spesso perché (e fortunatamente te lo dice anche il pediatra, il che è rassicurante):
- i bambini hanno BISOGNO di rendersi conto dei propri limiti, pertanto DEVONO SENTIRSI DIRE un innumerevole numero di volte "NO", prima di capire che, di fondo, dietro quei NO ci sono dei motivi.
- i bambini sono, appunto, bambini: per loro tutto è bianco o nero, grande o piccolo, istantaneo o eterno. Spiegare ad una bimba di 20 mesi che neanche parla perché non deve svuotare la dispensa per divertimento - essendo questa a portata di mano e STRACOLMA di scatole e buste dai mille colori e suoni - è altrettanto difficile che spiegarlo ad un cane. Tanto vale allontanarla e, se pianta una tigna, farsi seri, rendere chiaro che la tigna non avrà alcun esito - non serve neanche urlare - e, non bastasse ed i decibel del pianto isterico farsi insostenibili anche per l'animale di casa, condurre l'infante verso un luogo isolato (tipo camera sua) e chiudere la porta in attesa del passaggio della "sbronza da isteria". Tutto ciò senza l'ombra di una tottò o di uno schiaffo.
Avere la rassicurazione, perfino del medico, che questo comportamento genitoriale VA BENE mi ha fatto tirare, non uno, ma mille sospiri di sollievo. Poi, un bel giorno, torni a casa dopo che tua madre ti ha fatto il favore di tenere a bada i figli mentre facevi la spesa e:
-è esplosa una bomba in salotto: cibi in scatola, contenitori vari, scarpe, posate e fogli di carta tappezzano pavimento e divano e lasciano la scia in corridoio insieme a qualche sparuto giocattolo inavvertitamente incappato nella furia da stanchezza della figlia maggiore. Il TUO genitore ti guarda e, con l'innocenza del diavolo, commenta "EH, qualcosa doveva pur fare!".
- la figlia se ne sta spaparanzata sul divano con le scarpe addosso e, in mano, un cibo qualsiasi - indipendentemente da che ora del giorno sia, dal fatto che lo usi per gioco o che abbia realmente fame - e neanche ti considera quando entri dalla porta di fronte a lei. In compenso, appena la nonna accenna a mettersi il cappotto per salutare e andarsene scoppia in un pianto dirotto, come se stesse per essere sottoposta alla tortura della ruota medievale.
- quando cerchi di porre rimedio alla tigna epocale provando, come di solito, con la tattica dei cinque minuti di comprensione che va dal "non c'è motivo di piangere, stai tranquilla" al "hai vinto un biglietto di sola andata per camera tua", la nonna si mette di mezzo, prende in braccio la piccola sconsolata che tira su teatralmente col naso e si avvinghia al suo collo come un koala all'eucalipto, per poi guardare te di sottecchi con l'aria di chi te l'ha fatta per l'ennesima volta. Il genitore - TUO - mette il sigillo alla scena dichiarando "poverina, cerca solo conforto, cosa devo fare, mandarla via?!".
- la figlia risulta assolutamente ingestibile o intrattabile per almeno un'ora dopo che la nonna se n'è andata, salvo poi arrendersi al fatto che i tiranni son tornati e che tocca adeguarsi.
Se dopo tutto questo non ti ribolle il sangue allora P.I.P., chiunque tu sia, complimenti.
Ieri, in tempi non sospetti, ho detto a mia madre, con molta calma, che NON DEVE comportarsi così, perché non mi aiuta ad educare la bambina. Risposta? "Dimentichi che anche io ho educato due figli e da sola per giunta! Vuoi che non sappia quello che faccio?!". Brutta risposta, perché a tua volta potresti e dovresti dirle che NO, non lo sa, che sta facendo dei danni, che non è quello il modo di farsi benvolere dalla bimba. Io ho litigato, ho messo i miei paletti e ho detto che da quelli non recedo, trovando un muro di offesa e risentimento dall'altra parte. E per fortuna che non l'ho detto incavolata, sennò figuriamoci. Quando i TUOI genitori si mettono in mente di educare i TUOI figli devi assolutamente intervenire, o almeno così credo, specie se, come nel mio caso, i nonni passano coi nipoti qualche ora la settimana se va bene mentre tu ci passi le regolari 24 ore. Specie, ancora più, se millantano ricordi che non esistono perché sennò la mia baby-sitter deve essere un parto della mia fantasia mentre era con me tutti i giorni, da dopo l'asilo a sera, alle volte anche la notte, fino a sei anni. Io ho deciso, perché POSSO e perché VOGLIO, di dedicare parte della mia vita all'infanzia dei miei figli, di esserci quando tornano a casa dall'asilo, di giocare con loro quando mi vogliono, sgridarli se è per il loro bene, sopportarli se sono stanca o sfiduciata o depressa, riempirli di baci e complimenti a profusione e metterli a letto ogni sera dopo i riti del bagno e della cena. Non biasimo assolutamente chi fa scelte diverse per dovere o per necessità, o anche solo per desiderio di indipendenza o amore per il proprio lavoro. Tuttavia faccio fatica ad accettare che mi si imponga un modello genitoriale quando alla costruzione della mia genitorialità dedico le mie giornate. Fare la mamma e fare la nonna sono cose diverse. Un consiglio di tua MADRE è diverso da un'intromissione della medesima nel rapporto con tua figlia ed io pretendo il rispetto del mio rapporto con la bimba. Chiaramente, non dovessi ottenerlo sulle lunghe distanze, ma spero di no, esistono estremi rimedi. Però, evidentemente, è difficile per il TUO genitore sapere quando cedere il passo o anche solo ricordarsi del fastidio dell'intromissione dei propri genitori nella sua vita. Forse che quell'intromissione non è mai avvenuta ma era attesa? Chissà. Frattanto spero di essere una mamma migliore della figlia che sono, perché tutto vorrei da mia figlia tranne che, un domani, mi dicesse: tu non c'eri mai.

martedì 7 giugno 2011

No, non voglio

A 32 anni mi ritrovo con molte amiche sposate, l'ultima delle quali giusto qualche giorno fa, e dopo 15 anni di fidanzamento, aggiungo. Quasi tutte - anzi, direi tutte - si sono sposate in chiesa, alcune perché ci credevano, altre per far contenti i genitori e/o il compagno (ebbene sì), altre ancora per la scenografia offerta dalla cornice dell'edificio sacro e dalla coreografia del rito. Ho persino filmato, di recente, un amico che officiava una cerimonia in comune con il cellulare e verificato di persona perché sono pochi quelli che si sposano in Comune - o comunque meno di quelli che scelgono la chiesa: il rito civile dura appena 2 minuti e 12 secondi che arrivano a venti minuti, mezz'ora massimo, con le firme e le foto di rito dalla finestra del Palazzo Comunale che da sulla Piazza. Un po' pochino, forse, per giustificare un evento che dovrebbe essere quantomeno singolare ed unico nella vita di ciascuno. Dico dovrebbe perché separazioni e divorzi sono oggi altrettanto di moda e sono ormai sulla scia dei matrimoni quanto a frequenza. Comunque sia, dicevo, a 32 anni mi ritrovo con molte amiche sposate mentre io non lo sono. Sono già M.I.P. bis, ho la mia casa con il suo mutuo, due cani, un lavoro che cerco di portare avanti cogliendo ogni occasione e ho comunque un compagno che, ringraziando il cielo e facendo i dovuti scongiuri, è un ottimo D.I.P., si è messo a lavorare a casa per darmi una mano e non manca di essere il più presente possibile. E comunque non sono "la sua signora", come si dice. Nonostante quanto di buono abbiamo messo su insieme resto "me stessa", "nubile" per usare lo stato civile che mi contraddistingue, "ragazza madre che vive nel peccato" per la chiesa cattolica, della cui opinione, fortunatamente, poco mi interessa. E non mi dispiace affatto. Mentirei si dicessi di non aver mai visitato qualche sito dedicato agli abiti da sposa e di non essermi immaginata in quei panni ma mentirei altrettanto se dicessi che con l'immaginazione sono arrivata sulla soglia della Sala Rossa del mio Comune o di qualsiasi chiesa. Roba da farmi scorrere un brivido giù per la schiena. Perché? Di preciso, forse, non lo so nemmeno io. Quel che è certo è che non sono mai riuscita a vivere l'idea del matrimonio come qualcosa di diverso da una tratta in schiavitù della mia libertà e questo nonostante gli impegni che ho preso verso il mio compagno e i miei figli. Mi è piuttosto difficile vedere il lato cristiano del "sacrificio quotidiano nell'amore di Cristo l'uno per l'altro", quello per cui Cristo entra nel quotidiano attraverso la coppia ed il suo vivere, nel bene e nel male, insieme. Non ci riesco, fondamentalmente, perché non ci credo. Credo al contrario che lo spirito di Cristo sia nei singoli  e che la difficoltà stia proprio nel conciliare quello di ciascuno senza snaturarsi, specialmente in una coppia.  In Matteo 9,16, Cristo dice "L'uomo non osi separare ciò che Dio ha unito", eppure è sempre e comunque l’uomo che decide. Se Dio è uno spirito di vita che vive in ciascuno di noi Egli di sicuro opera per Vie Misteriose e non solo e unicamente attraverso i ministri del culto civile o religioso. Sarà paradossale, forse, ma ho visto il matrimonio fare più danni che miracoli, per questo faccio fatica a pensare che sia un investimento. Il contratto distrugge la tua libertà, la imprigiona e te ne priva come dell'aria. Non ha niente di naturale, niente al confronto dell'essere madre, per dirne una, che apparentemente rappresenta una schiavitù ben superiore. Eppure, il tuo dovere verso i figli è ben lungi da quello verso il coniuge perché i figli non hanno scelto di essere messi al mondo, mentre il coniuge l'ha scelto eccome di sposarti. Nel matrimonio si condivide la responsabilità di avere asservito qualcuno...ed è una gran tristezza. Io è una responsabilità che non voglio, anche se molti chiamerebbero la mia una finta libertà perché, di fondo, anch’io sono asservita alla mia idea. Su questo ho poco di che discutere, è pur vero che la vita è stata ugualmente molto generosa con me e nessuno mi ha mai obbligato a far nulla. Ho potuto conservare la libertà nei momenti in cui tradizionalmente una donna si appoggia al compagno, come il parto, ad esempio. E' stato utile, mi ha fatto capire che non tutto poggia sulle spalle di chi ti accompagna e che le mie scelte hanno un valore. Tuttavia, a fronte di un compagno che, giustamente e da par suo, non è incline al matrimonio e si sposerebbe solo se servisse ai figli per qualche motivo trovo ancora meno motivi per sentirmi "sposa". Se lo farei io per i miei figli? Non lo so, sarebbe comunque una scelta amara perché mi obbligherebbe a prendere un impegno che altrimenti non avrei preso, perché mi legherebbe comunque ad una scelta che scelta non è, perché, di fondo, ho rispetto per chi ci crede, per quelle due persone che compiono un gesto d'amore l'una per l'altra, perché lo vogliono. Ho rispetto di quel sacrificio al punto da rifiutarmi di compierlo, per principio. Il matrimonio non è dei figli o per i figli, ma per i genitori o futuri tali. Forse, non è per me. Di fondo non lo sono neanche i gioielli, eppure il mio compagno ed io abbiamo accettato di portare una fedina come segno di impegno. Forse è l'unico metallo che mai porterò, anche se qualche volta mi pesa. Per questo, forse, ha valore, allora. E' una promessa senza testimoni, ma è tangibile e visibile e non vale certo meno. Non sono una donna da brillanti, né persona dalla promessa facile, ma se prometto, allora devo mantenere sul serio e non c'è firma o testimone che tengano. E se non ci riesco, si dirà? Già, può essere, ma non è questo il giorno. E se cambiassi idea? Tutto è possibile ma non penso potrebbe essere mai per indossare un vestito per un giorno soltanto, senza contare che se resto dal parrucchiere oltre un'ora do in escandescenze, quindi figuriamoci!

martedì 31 maggio 2011

La stanchezza si fa sentire

Tra gli alti e bassi della vita quotidiana che, nel bene e nel male, è l'unica che abbiamo e che, quindi, credo convenga rendere la migliore possibile, giornate a bassa pressione come questa capitano. Non saprei dire se spesso o meno ultimamente - la mia concezione del tempo è alterata dalla stanchezza - però capitano. Ci si sveglia non vedendo l'ora di tornare a letto - per quelle cinque ore scarse che mi son consentite, si intende. Si fa fatica  a vedere il fine di tutto questo. Io, per dire, mi sento un po' come Frodo in viaggio per Mordor. So che sto compiendo un'impresa importante ma il peso del fardello che mi porto appresso è notevole. Certo, Frodo aveva il suo Samvise a fargli da spalla e contraltare, che poi non è che, alternativamente, la parte migliore di te ed eventualmente la tua controparte (il D.I.P. nel mio caso). Ma i giorni in cui ti senti Frodo, in cui la spalla pugnalata a Collevento duole come una ferita fresca, in cui stare dritti e desti è un'impresa di poco inferiore alla sconfitta di Golia, sono di gran lunga i peggiori. Sono quelli in cui il quadro d'insieme ti sfugge, in cui la prospettiva è quella di Escher, in cui l'unica faccia che ti appartiene è quella dell'urlo di Munch. Ieri ho compiuto 32 anni, un compleanno non particolarmente rilevante, ma pur sempre un anno in più alle spalle. In questo tempo ho realizzato davvero moltissimo. Se penso a dove sono adesso rispetto a solo tre anni fa, quando i miei figli erano solo un desiderio, ne ho fatta parecchia di strada. Mi sforzo tuttavia di mantenere sogni e obiettivi nuovi perché se non tengo la mente viva e occupata mi spengo come una candela lasciata in corrente. In giorni come questo lo sforzo è grande, c'è da dire, perché la depressione è come l'Unico anello: vuole trascinarti con se nell'oscurità e non molla di certo mai il colpo. Oggi mi serve Narsil, una spada d'onore e di luce, una forza nuova e rinvigorente, che mi faccia sentire utile e operosa. Oggi, che quasi mai mi specchio e quando capita fingo di non essere quella riflessa, oggi che aspetto la prima parola di mia figlia e nonostante le mille buone ragioni non mi sento altro che la sua fattrice, oggi che per far dormire mio figlio devo respirare mille volte e sorridere ad ogni respiro, perché è stanco e lagnoso e non si abbandona al sonno come dovrebbe...sì, oggi devo rialzarmi e combattere. Devo ritrovare il mio valore, svegliarlo dal torpore di quella magia nera che vuole portarlo con se nell'abisso. Devo.

sabato 14 maggio 2011

someone worth a handshake - chi vale una stretta di mano

Fra poche ore, in Italia, si vota. Ho sempre fatto il mio dovere civico ma senza crederci veramente, forse perché sono nata disillusa, forse perché, per mia fortuna, a vent'anni avevo già visto una bella fetta di mondo e quel che c'era fuori era comunque meglio di quel che trovavo tornando a casa. Perché, quindi, sono ancora qui? Risposta banale: casi della vita. Ci resterò? Ora come ora non credo. Per questo scrivo il blog in due lingue, perché spero davvero che un domani, leggendolo, i miei figli non siano più qui, così faranno esercizio di italiano (uno dei pochi motivi per essere orgogliosa di questo Paese, la bellezza della Lingua e della Cultura - sì, proprio con la maiuscola!) e, nel contempo, avranno traccia del posto in cui sono nati e di com'era, prima che ce ne andassimo. Una delle liste civiche candidata alle elezioni comunali ha un motto: "Cambiare il Paese, per non cambiare Paese". Io, per ora, non ci credo affatto che questo paese possa cambiare, anche se, essendo la speranza l'ultima a morire, penso che voterò per questo motto. Lo voterò perché conosco chi lo pronuncia, perché gli ho stretto la mano, perché ho il suo numero di telefono e gli do del "tu", perché risponde alle mie e-mail, perché ha speso feste e domeniche per darmi una mano. Lo voterò perché è come me, perché lavora, fa sacrifici e non usa i miei soldi per farsi pubblicità. Lo voterò anche perché è inesperto: in questo paese, l'esperienza corrompe, il più delle volte. Lo voterò perché so che risponderà ancora alle mie e-mail se arriverà lontano, perché la sua forza è la sua umiltà ed il senso del servizio che lo anima. Lo voterò perché gli credo quando dice che fra dieci anni al massimo tornerà a fare il suo mestiere - se non gli fallisce l'attività nel frattempo, beninteso - perché già adesso non dorme, già adesso si ingastrisce...in dieci anni così come minimo ti viene l'ulcera, se poi va male finisci all'obitorio. E magari vuole pure una famiglia, ma mi sa che gli è già chiaro che per fare quel che vuole fare dovrà aspettare un po', perché mi sembra proprio uno che le cose, o le fa bene, o non le fa. E' uno che vale una stretta di mano, uno che se gli fanno lo sgambetto sa rialzarsi e, soprattutto, impara come hanno fatto a fregarlo per non ricascarci. E' uno che chiede scusa, che dice "ho sbagliato", ma che non molla. E' uno che vuole farsi conoscere per com'è: se nasci Grana è inutile che ti vendi Parmigiano, da queste parti ci si mettono due secondi a sbugiardarti. E' uno che ti tratta da persona da cui imparare, chiunque tu sia, che ti guarda con curiosità e rispetto, che deve e vuole conoscerti per servirti meglio. Per me la sua stretta di mano vale ben più di una croce su un foglio di carta. E' la mia piccola speranza che uno sconosciuto possa cambiare questo piccolo grande mondo che è Bologna, piccolo perché, in modi assurdi ed insondabili, ci conosciamo più o meno tutti; grande, perché Bologna è l'anticamera di questo Paese, dove ancora si accoglie chi arriva con un piatto di pasta e un bicchiere di vino, se si può.
La mia stretta di mano è il cero acceso nel buio, la mia luce preferita: primitiva, bassa e naturale. Attira lo sguardo ma non ferisce gli occhi, non incanta come il fuoco di sterpi, e la devi curare e controllare bene, se vuoi che resti accesa. Io voglio questo dalla politica: un uomo o una donna che valga la mia stretta di mano, la mia speranza, il mio tempo e la mia voce. Chiunque riesce a trovare tutto questo in un candidato può e deve votare sicuro. Chiunque egli sia.


In a few hours we’re voting for the new mayor and town council. I’ve always voted so far, not that I truly believed in my vote. Maybe because I was born disenchanted, maybe because, lucky me, within my Twenties I had already seen a slice of the outside world big enough to make me believe it was almost always better out there than here.
So, why am I still here, then? The answer's simple: it happens. Am I going to stay? As for now, I don't really think so. That's why I am writing this blog in two languages, because I truly hope that, one day, my kids will read it from far away, and they will take the chance to practice a little Italian (one of the few things to be proud of in this country, Language, and Culture as well – yes, in capitals!) and see how the country we left looked like to me back then. One of the civil lists on the run for this upcoming election has a motto: “To change the country not to change country". Personally speaking, I scarcely believe this country is any likely to change though, as hope always dies last, I guess I will vote for this motto. I'll vote it because I know who coined those words, I shook his hand and I have his phone number. We talk as long time friends, he answers my e-mails and he also spent week-ends and holidays to help me out. I’ll vote him because he’s like me, he works hard, makes lots of sacrifices and does not use my money to advertise for himself, as many politicians actually do. I'll vote him also because, as a politician, he's a newbie, because in this country experience frequently means corruptibility. I’ll vote him because I am confident that, if he’s elected,  he will still answer to my e-mails, because his humility is his strength and the will to serve others is strong within him. I’ll vote him because I believe him when he says in ten years at most he’ll be back to his previous business – if it does not fail in the meantime, of course -. Even now he has trouble sleeping, even now he eats his heart out for everything he cares about. Ten years like that and you're either ulcerated or, at worst, dead. And perhaps he’s also looking forward to a family of his own, but I guess it’s become clear to him by now that, to do what he wants, he shall wait at least a while for that. The way I see it, he seems one of those who gives it all to do things at best. He's one of those really worth a handshake, one of those who, if tripped, would get immediately back on his feet and, most of all, would learn the lesson from the fall, not to repeat it. He's someone who's not afraid to apologize, if needed, to admit he was wrong, but he's not someone who quits. He wants to be known for who he really is: if you're born Grana Padano, there's no use in pretending to sell yourself out as Parmigiano Reggiano, because it’s very easy to spot the difference, for almost everyone hereabout. When he looks at you, whoever you are, he sees someone he can always learn from, that’s why you can see his eyes glowing with a mixture of curiosity and respect, because he truly wants to get to know you better to be able to serve you better. His handshake to me is worth much more than a cross a piece of paper. It's my little hope a stranger can change this little big world that is Bologna. Little, because somehow, though inexplicably, we all know each other, more or less. Big, because Bologna is like the hall of this country, where newcomers are still welcome with a dish of pasta and a glass of wine, if possible. My handshake is like a candle lit in the dark, my truly favourite light: primitive, low and natural. It catches the eye but does not harm the sight, it does not enchant like a fire of woods and you must check on it carefully and frequently if you want it to keep shining. That's what I want from politics: a man or a woman worth my handshake, my hope, my time and my voice. Whoever can find all this in a candidate should have not doubt to vote for him or her. Whoever he or she is.  

giovedì 28 aprile 2011

Don't scream, take a five, then breathe out - Non gridare, conta fino a dieci, poi espira


Have you ever thought about the value of calm? I've come across it a thousand times and I've started to consider it seriously just very lately. It's not hard to recall how many times I've been told off to "speak softener", because my voice was too loud; how many times I've been advised to "think twice" before talking, and how few times I've paid attention to such matters. Of course, when you come to think of it, you must realize something deep within has changed for good...and you're not young and restless anymore. Probably it's one of the very first steps in adulthood to come to terms with calm and realize how nice and important it is. It's hard to explain how annoying it's become to me to read and listen to angry people, constantly using a foul language to speak to others, simply because they do not share their very same vision of life. People are usually very unforgiving when it comes to deep differences, I guess because it's easier to demonize them than to accept them and trying to live with them. I may not agree with someone, but that's no excuse to offend him, or worse, to badly scold him. Sometimes it's very very hard to stay calm though, that has to be said too. It almost feels like "bearing the oppressor's wrong", defenseless against merciless and insulting words that, sometimes, really cut like swords, though maybe senseless and undeserved. It's hard to say to yourself you should not care, to pretend those words should have no effect on you, because they're not true. Fact is, you do care and those words are effective, no matter if they're true or not, because they're meant to hurt. In fact, I believe it's the strong will to hurt which lies behind them that leaves us speechless. It's hard to accept other people can be so mean, and for such poor reasons sometimes. I believe it's a feeling that's hard to like in any way. So, before replying, I think it would be better to take five and think of what we would not like to hear.  Words are very powerful means which should be used only in a proper way. People using a poor and yelled language are no different from barbarians handling axes and not very much evolved from wild beasts. Of course they're to be considered seriously but not feared. A well-used sword can be much more effective than any barbaric weapon. So do not yell back, keep looking in your opponent's eyes, take that blessing five and then, just then, answer, if you think it's worth it. That's a lesson I wish I'd learnt a few years ago. It would have saved me many excruciating discussions and maybe some lost friendships too. After all, I've come to consider the richness of diversity as a quality of a good friendship. Being different is a way to keep learning from each other. And being respectful is the key to accomplish a worthwhile relationship in time. 
Sometimes taking that five is hard, but when you make it...wow, it feels like winning a battle and, moreover, to your hardest contestant: yourself. And it has nothing to do with hesitating, it's just using your time and words the way you think it's best. So I've come to like people who stay calm much more than those who scream. It feels like the first are on the right track.  Hope my kids will discover all this much sooner than I did. It would be of great advantage to them in life. it's just...it's harder when you're young, and this because your idea of time is more a "now or never" like than a "sooner or later". It's black or white instead of shades of grey, it's pride of labels shown on your sleeve rather than the awareness brought up by a hardly-conquered self-esteem you tend to keep for yourself. Guess it's the way nature works. After all, all the energy you lose when growing must leave room for something else...mustn't it?

Avete mai pensato all’importanza della calma? Io migliaia di volte, e tuttavia ho cominciato a prendere questo pensiero seriamente in considerazione solo negli ultimi tempi. Non so quante volte mi è stato detto di “parlare più piano” perché la voce era troppo alta, o di pensarci “due volte” prima di parlare e, viceversa, quante poche volte ho badato a  questi consigli. Ovviamente, quando si comincia a rifletterci su, significa che qualcosa è cambiato per sempre…la gioventù spericolata è finita. Forse, venire a patti con la calma e rendersi conto di quanto sia gradevole ed importante è uno dei primi passi che effettivamente si compiono nell’età adulta. E’ persino difficile spiegare quanto sia diventato fastidioso leggere e ascoltare persone rancorose, che, nel rivolgersi agli altri, adoperano costantemente un linguaggio scurrile, semplicemente perché non ne condividono la stessa visione delle cose. La gente è spesso impietosa quando si trova di fronte a differenze profonde, credo perché sia più facile demonizzarle che accettarle e cercare di conviverci. Io posso anche dissentire da qualcuno ma questo non mi da il diritto di insultarlo o, peggio, di prenderlo a male parole. Tuttavia, c’è da dire che, a volte, restare calmi è un’impresa. Ci si sente come se si stessero “sopportando le angherie del tiranno”, inermi di fronte a parole impietose ed offensive che, a volte, feriscono davvero più di una spada, seppure prive di senso e immeritate.  E’ dura dirsi che non ci importa, che quelle parole non hanno peso perché non sono vere. In realtà, ci importa eccome, e quelle parole un peso ce l’hanno, anche se non conoscono verità perché nascono al solo scopo di ferire. In effetti, credo che, di fondo, sia la forza dell’intento lesivo che soggiace loro a lasciarci ammutoliti. E’ dura accettare che certa gente possa essere così meschina e, a volte, per motivi davvero futili. E’ una sensazione difficile da digerire, ad ogni modo. Quindi, prima di rispondere, credo sarebbe sempre meglio contare fino a dieci e riflettere su ciò che non si vorrebbe sentirsi dire. Le parole sono un’arma potente che dovrebbe essere utilizzata solo nel modo giusto. Chi usa un linguaggio becero e urlato non è dissimile da un barbaro che brandisce un’ascia e non è granché più evoluto di una fiera selvatica. Ovviamente c’è da tener conto anche di gente del genere, ma non si deve affatto temerla. Una spada usata con perizia funziona sempre meglio di qualsiasi arma primitiva. Perciò non si deve urlare di rimando, ma, sempre fissando il proprio antagonista negli occhi, bisogna prendersi quei benedetti dieci secondi e allora, solo allora, rispondere, se si crede che ne valga la pena. E’ una lezione che avrei voluto imparare prima. Di sicuro mi avrebbe risparmiato qualche discussione estenuante e, forse, qualche amicizia persa. Dopotutto, mi sono resa conto che la diversità, in amicizia, è una ricchezza. Essere diversi è un modo per seguitare ad imparare gli uni dagli altri ed essere rispettosi è la chiave per mantenere una relazione produttiva nel tempo.
A volte i dieci secondi di rito sono una sfida ma se ci si riesce…wow, è come vincere una battaglia e non contro un avversario qualsiasi ma contro il peggiore: sé stessi. E non ha niente a che spartire con l’esitazione, perché significa solamente usare il proprio tempo e le proprie parole come meglio si crede. Perciò, nel tempo, ho imparato ad apprezzare chi mantiene la calma molto più di chi strilla, perché da l’idea di aver preso la strada giusta. Spero solo che i miei figli ci arrivino prima di me perché è solo un vantaggio nella vita. E’ che…è dura quando si è giovani, perché il tempo è tutto un “ora o mai più” piuttosto che un “prima o poi”. Tutto è bianco o nero invece che una scala di grigi, è un’etichetta sulla manica esibita con orgoglio piuttosto che una consapevolezza nata da un’autostima faticosamente conquistata e che si tende a tenere per se. Probabilmente è solo un modus operandi della natura. D’altra parte, tutta quell’energia che si perde crescendo dovrà pur lasciare spazio per qualcos’altro…o no?

centro sociale - recreation center?

Oggi non scrivo in inglese perché farei fatica a trovare le parole giuste. Vorrei che però un giorno, leggendo questo post, i miei figli imparassero qualcosa sul pregiudizio e sul buonsenso.
Ho cercato la locuzione "centro sociale" in inglese su vari dizionari trovando una serie di definizioni, molte irripetibili, alcune profondamente offensive, a mio avviso. La maggior parte non riflettono assolutamente quella che è una locuzione "culturally-embedded", cioè di matrice puramente nostrana. Il fatto è che questo tipo di associazionismo nei paesi anglosassoni difficilmente esiste se non per nulla, come non esiste l'idea che siamo tutti uguali con uguali diritti come molti aderenti a varie tipologie dei centri sociali italiani sostengono. Al massimo, esiste l'idea che se anche siamo tutti diversi abbiamo comunque gli stessi diritti, ed è un ragionamento che, personalmente, preferisco. Questo concetto un po' ingenuo del centro sociale come focolaio di sopravvivenza dell'idea comunista più ancestrale, ereditato dal comunismo partigiano, io credo, non trova spazio in paesi la cui cultura, fin dalla base, spinge avanti solo il più forte o il più meritevole. Prendendo in prestito una metafora naturale, se nei paesi anglosassoni vige la legge della giungla, in Italia vale la regola del banco di sardine. Infatti, come per le sardine appunto, se siamo tutti uguali e con uguali diritti non ci resta che "l'unione" che "fa la forza". La forza è nel gruppo, non nel singolo.
In questi giorni sto imparando, a mie spese, che preferisco essere una tigre che una sardina, anche se mi tocca lottare per la sopravvivenza, anche se mi tocca dimostrare ogni minuto che ho diritto a vivere e a vivere bene. Nei paesi anglosassoni un centro sociale è al massimo un "recreation center", cioè un posto dove giovani e/o anziani possono ritrovarsi per trascorrere insieme il proprio tempo libero e questo indipendentemente dal fatto di riconoscersi in una qualche corrente politica.
Nei paesi anglosassoni è difficile immaginare un'occupazione abusiva di giovani di qualsiasi luogo pubblico, o che qualcuno possa protestare millantando il diritto acquisito ad uno spazio pubblico a prezzo di favore se non a costo zero, a scopi culturali ma per fare, di fatto e se va bene, lotta politica. E' difficile perché se capitano cose del genere, si finisce in gattabuia senza passare dal Via, come a Monopoly. In posti del genere, se vuoi qualcosa, o lo paghi o te lo devi guadagnare in qualche modo. In Italia, spesso e volentieri, i centri sociali, specialmente quelli giovanili, usano l'associazionismo come scusa per mettere in piedi attività ludiche a costo zero. Quel che mi fa più imbestialire, in questo senso, è che si trincerano dietro presentazioni pubbliche da libro stampato, parlano di socialità, benessere civico, attenzione ai bisogni della cittadinanza per poi finire ad organizzare rave party, e non importa se a cinque metri dall'orecchio di un bambino di pochi mesi. Purtroppo lo dico per esperienza acquisita, perché a quel genere di feste e in quel genere di posti andavo anche io dieci anni fa. Di buono c'era che noialtri si andava fuori, in campagna, lontano da abitazioni ed esercizi pubblici e privati. Insomma si poteva fare tutto il casino del mondo per quindici euro all'anno e fino a tardi che nessuno aveva da ridire. E non è che tutti avessimo l'auto: si andava anche in motorino, ci si organizzava con chi aveva l'auto del babbo o della nonna, la panda da due soldi che andava giusto a spingerla e si accettava il rischio di poter restare a piedi - cosa che, peraltro, non accadeva mai. Il mio era un "circolo ARCI", direi un vero e proprio "recreation center", come le bocciofile o i centri per anziani, solo a tempo di rock n' roll e, qualche volta, di heavy metal. Ragazzi quelli sì che erano tempi! E magari di posti così ne esistono ancora, basta cercarli! Poi c'è l'altra faccia della medaglia: il centro sociale in città, a pochi metri da abitazioni e negozi, e lì sono dolori. Sono dolori perché, obiettivamente, chi ci abita ha tutto il diritto a vivere sereno, a dormire la notte e a rientrare a casa tranquillo senza correre il rischio di essere importunato o peggio pestato o addirittura rapinato. E questa, intendiamoci, non è direttamente colpa di chi organizza le serate, perché logicamente non può prevedere chi sarà presente, e magari si tratta in sé di brave persone, Tuttavia, la loro, e purtroppo consapevolmente, è una colpa indiretta. Spesso sanno perfettamente di non essere in grado di contenere questo tipo di fenomeni, di non avere risorse per creare un clima idoneo allo svolgimento di certe attività ricreazionali (una casa non è un teatro o una sala da concerti e spesso i centri sociali dispongono di poche centinaia di metri quadri in stabili di proprietà comunale), di non poter offrire né tanto meno garantire sicurezza, tranquillità e vivibilità a chi abita dattorno alle loro sedi. Spesso, sono più interessati al proprio tornaconto che altro, perciò si battono, anche con metodi discutibili e spesso illegali, per avere degli spazi da utilizzare, indipendentemente, a volte, dalla loro capacità di gestirli adeguatamente e senza curarsi minimamente degli effetti che questo può avere su chi li circonda. E allora la socialità, il diritto uguale per tutti che fine fa? Beh, facilmente evapora come l'alcool in un bicchiere di birra: rapidamente e senza lasciare ricordi sostanziali. In sostanza, sono ragazzi, giovani che desiderano una valvola di sfogo a costo minimo (meglio se zero), il che non è nemmeno sbagliato, ma che, come panzer e come gli stessi kapò che millantano di voler combattere, vanno avanti per la propria strada per ottenere quello che vogliono, a qualsiasi costo e fregandosene del prossimo. E' questo che me li fa detestare come pochi, l'assoluto disrispetto per una democrazia minima, la stessa che sbraitano di voler promuovere. E, tutto ciò, trincerandosi dietro i "diritti dei giovani". Direi che anche io sono sufficientemente ancora giovane per rivendicare gli stessi diritti. Solo che a me interessa il diritto alla tranquillità mia e dei miei figli, al riposo, alla sicurezza di non trovare rifiuti di ogni genere, anche medico-sanitari, sparsi nel giardino di casa. La parola chiave è questa, "casa". Io non rivendico questi diritti fuori casa ma dentro, ed è casa mia, col suo bel mutuo e le bollette da pagare a mio carico. Il mio diritto alla sicurezza al Comune costa la fatica di cercare una collocazione per un centro sociale che non sia a 5 metri da casa mia. Ai frequentatori del centro sociale costa la fatica di organizzarsi per uscire dal centro urbano anche se, persino qui dove abito, si può dire che siamo fuori dato che l'autobus dopo le 17.30 non passa fino al mattino dopo. Chiedo molto se chiedo perché me li devo trovare a divertirsi fino alle ore piccole a pochi metri dalla camera dei miei figli? Oltretutto con esempi di centri sociali, e ne esistono, di cui non si lamenta nessuno perché, nel loro piccolo, sanno organizzarsi, anche in città. Dico, ma solo a me devono capitare gli sfattoni arrabbiati che fanno e ascoltano musica ska senza avere nemmeno i soldi per insonorizzare  le pareti? Mah...

venerdì 15 aprile 2011

Babies like habits - I bimbi amano la routine

Three and a half months from my second child's birth, I daresay it's true: babies like habits. The third month's proven to be a turning point twice now: the crusader, just like 50Grillo before him, has evolved showing he likes habits more than anything else. My guess is they make him feel safe. He's now adopted more regular times for everithing, from feeding to sleeping to playing. He's started to show the world he's reactive, he's all smiles to the people who smile at him and appears to be attracted by the very colourful cartoon his sister loves. His levels of attention are definitely higher than before and he get quite tired more regularly. He's started to fight sleep the less and less, to the point it's almost two weeks he goes to bed at his sister's time without any protest. He's also started to show an interest for the carousel hanging over his bed and broadcasting Tibetan bells sounds . Last but not least, it seems he got to realise eating at regular times substantial quantities of milk is more satisfying than giving a few sips every now an then. As a result, we've moved steadily to 5 bottles of 200 ml. per day. JUST-LIKE-HIS-SISTER-DID-AT-THIS-AGE! The baby likes habits. I really don't know if it's just my children, but I'm starting to believe it's a general thing. Some children are just harder to convince habits are better but, once you've made it,  it's a win-win. God bless the third month and P.I.P.'s dedication and perseverance to get there...really!
A tre mesi e mezzo dalla nascita del mio secondo figlio posso azzardarmi a dirlo: ai bambini la routine piace. Sono già due le volte in cui il terzo mese ha significato un serio punto di svolta: il crociato, proprio come 50Grillo prima di lui, si è evoluto mostrando un amore per la routine superiore a qualsiasi altra cosa. Immagino che lo faccia sentire più sicuro. Il bimbo ha ora tempistiche decisamente più regolari in tutto, dal cibo, al sonno, al gioco. Ha cominciato a mostrarsi reattivo, sorride a tutti quelli che gli sorridono e sembra attratto dai coloratissimi cartoni animati che sua sorella adora. I suoi livelli di attenzione sono indubitabilmente più alti di prima, il che determina che si stanchi in minor tempo e maggiormente. Combatte il sonno con sempre minor convinzione, tanto che sono quasi due settimane che viene messo a letto alla stessa ora della sorella senza cenni di protesta. Sembra anche aver iniziato a degnare la giostrina appesa sul suo letto che trasmette i suoni delle campane tibetane. Infine, e ciò nondimeno, pare si sia accorto dei vantaggi insiti nel bere quantitativi di latte più seri per meno volte al giorno rispetto alla tecnica dei due sorsi e via ogni cinque minuti. Come risultato ci siamo stabilmente attestati sulle 5 poppate al giorno da 200 ml. l'una. PROPRIO-COME-LA-SORELLA-ALLA-SUA.-STESSA-ETA'. Al piccolo piace la routine. Non so se sono i miei figli ad essere così ma comincio a pensare che sia una cosa generale. Per alcuni, ci vuole solo più tempo a convincerli che la routine è più vantaggiosa ma, una volta riusciti nell'intento, ci si guadagna tutti. Dio benedica il terzo mese e l'impegno e la perseveranza dei P.I.P. nell'arrivarci!

lunedì 11 aprile 2011

glass bottles and pacifiers - biberon di vetro e ciucci

Before The Crusader arrived, I thought of glass bottles as of a relic from the 50's, something that belonged to our parents' early days, when grandmas could not breastfeed and had no chance to get a wetnurse. I thought they'd be quite expensive tricks even back then, so that not many people could afford to have some. So when The Crusader happened to refuse all of the plastic bottles mounting silicone nipples that had been so useful with his sister, I realised I had never considered any alternatives. Then  my mom - oh moms, how could we do without them? - bought a glass bottle mounting a natural rubber nipple and both mom and baby were on cloud nine. The main cons of the thing - being heavy and generally dangerous around toddlers - are totally compensated by the pros: the bottle is easier to be cleaned and sterilized and the exceeding weight compared to a plastic one becomes quite useful at night when mommy's alert is lower. Holding the bottles keep staying awake. 
Thumbs up for the glass bottle! 
The boy is also a big and expert sucker. He's such in need of sucking that he's become best friends with his right thumb. Alarmed by this, MIP and DIP have been sponsoring any pacifier around the house to take the thumb's place. Of course, as for the bottles, the pacifier cannot be made of silicone. It must be full natural rubber made, better if dressed with a drop of honey from time to time, just to encourage the first approach. The boy's not to be fooled around: you pick the wrong bottle or pacifier and you're dead, or at least your ears are. As stubborn and touchy as he's shown to be by now, the boy can get easily offended if you don't play your part the way he expects you to. So we've quickly learnt how dangerous it can be to be out without a pacifier...no better name for the thing, really.

Prima che arrivasse il crociato credevo che i biberon di vetro fossero una sorta di residuato degli anni ’50, qualcosa che aveva a che fare con l’infanzia dei genitori, quando le nostre nonne non potevano  allattare né permettersi una balia. Tuttavia pensavo che anche per allora dovessero essere degli oggettini non proprio a buon mercato e alla portata di tutti.
Perciò quando il crociato ha mostrato un serio disinteresse per tutti i biberon di plastica a tettarella in silicone che per sua sorella erano stati un must, mi sono resa conto di non aver mai neanche preso in considerazione un’alternativa. Poi mia madre – ah le mamme, come fare senza? – ha comprato un bibi (è così che chiamo il biberon) di vetro con tettarella in caucciù e MIP e bebé hanno raggiunto il settimo cielo. I principali difetti della bottiglia – il peso e la pericolosità nei pressi degli infanti – sono compensati totalmente dai pregi; il biberon si lava e si sterilizza prima e meglio e il peso in eccesso rispetto ad uno di plastica si rivela di una discreta utilità, in particolare la notte quanto la soglia di attenzione della mamma è più scarsa. Tener su il biberon, a quel punto, aiuta a stare svegli.
Evviva il bibi di vetro!
Il bimbo è poi anche un succhiatore di professione. Ha una tale necessità di suggere che il pollice destro è diventato il suo migliore amico. Allarmati da ciò, MIP e DIP sono corsi ai ripari, sponsorizzando qualsiasi ciuccio alla sua portata avessimo in casa al posto del dito. Ovviamente, però, neanche il ciuccio può essere un ciuccio qualunque. Se è fatto di silicone non c'è pezza che lo voglia: solo realizzato INTERAMENTE in caucciù naturale, sennò "sput", e, occasionalmente, condito con una goccia di miele per addolcire l’approccio. E che non si provi a prenderlo per il fondoschiena, il piccolo non ci casca: bibi o ciuccio sbagliati ed è la morte delle tue orecchie. Se non ti comporti come lui si aspetta, cocciuto e suscettibile com’è, s’offende pure, e parecchio. Perciò si è presto imparato che è pericoloso uscire senza ciuccio. In inglese si chiama “pacificatore”… mica a caso!