giovedì 23 dicembre 2010

Merry Christmas - Buon Natale!

In inglese si dice "Felice Messa di Cristo", non "Buon Natale". Non c'è riferimento alcuno ad una nascita, forse perché l'espressione è stata coniata per dei pagani, in fondo. Eppure c'è potenza in quell'espressione perché a mio personale avviso trascende la ricorrenza trasformandola in un motto dal valore quotidiano. E' un invito alla condivisione, alla partecipazione, alla comprensione...per tutti e senza nulla togliere alla magia della tradizione e alla bellezza dell'icona del Presepe. Sarà che nella mia famiglia la religiosità canonica non ha mai rivestito un ruolo di primo piano, diversamente da quella di molti amici e conoscenti, quindi per la MIP presente il Natale rappresenta tendenzialmente l'occasione di un bel ritrovo in famiglia. Ad ogni modo mi sento di sposare il Natale come "Messa di Cristo": l'idea di venire licenziati nel mondo a portare quel messaggio, il Suo messaggio, riempie di orgoglio e...sì, di pace. Come essere umano ho avuto la fortuna di assistere a svariati miracoli (da miraculum che in latino significa "cosa meravigliosa") che la Vita mi ha donato, tra cui l'incontro con il mio compagno, la nascita di mia figlia e ogni giorno della sua vita, i miei cani, nonché quel che pare un inesauribile istinto allo stare al mondo che non mi abbandona mai. Sarei davvero ingrata a non restituire nulla di quel che ho ricevuto ed il minimo che posso fare è portare avanti quel messaggio, il Suo messaggio. Se da bambina il Natale era per me la festa dei doni, e spero di far si che lo sia anche per i miei figli, per vedere nei loro occhi quella magia che solo un bambino sa cogliere ed interpretare, oggi per me è il giorno in cui rendere grazie. Grazie per tutti i doni che ho ricevuto e quotidianamente ricevo in termini d buona e cattiva sorte, per tutto ciò che mi porta avanti lungo il mio personale cammino. A dire il vero sarebbe opportuno rendere grazie tutti i giorni. Tuttavia in questo particolare giorno la cosa assume un significato più profondo. Spero di donare abbastanza ai miei figli e alle persone che amo da farle sentire appagate a sufficienza da avvertire questa stessa necessità, la necessità di ringraziare e rendere al prossimo. Questo è per me lo Spirito del Natale. Questo è il Suo spirito. Pur sottolineando a priori che non mi permetterei mai di chiedere ad alcuno di sposare quel sincretismo religioso che mi contraddistingue, infatti, credo che nessuno possa sottrarsi all'immanenza del messaggio cristiano. La divinità di Cristo (dal latino divus ossia "che appartiene a Dio") è stata quotidiana nel dimostrare con ogni gesto e parola il proprio amore (da a-mors, ovvero "non morte") per la Vita e quindi per i propri simili, una Vita, la Sua che non si è mai spenta, che ha ucciso il concetto di morte come momento buio dell'esistenza, regalando a tutti coloro che ha incontrato e chiamato Fratelli una speranza...anzi, La Speranza. La Speranza che nessuno che abbia vissuto davvero realmente muoia ed in effetti Gesù il Nazareno, il Messia dei Cristiani, il Figlio di Dio dei Cattolici, il Profeta degli Ebrei e dei Musulmani, grazie al cielo è ancora qui. Nessun odio, nessuna guerra, nessuna violenza...nessun altro uomo o donna ha potuto qualcosa contro il Suo messaggio, un messaggio che ci consente di aprire le porte al divino anche dopo 2000 e rotti anni. Mi dispiace solo per quelli che sono venuti prima di Lui, perché si sono persi molto. Ed ecco lo Spirito del Natale: fare memoria, respirare la Parola, quel Verbo che San Giovanni disse "si fece carne" per poter essere meglio compreso ed assimilato, quel messaggio che ci licenzia nel mondo a ricordarci che abbiamo il diritto ed il dovere di chiamarci Fratelli.
Buon Natale...Merry Christmas to you all!

giovedì 16 dicembre 2010

The importance of being DIP - L'importanza di essere DIP

Ogni tanto sarebbe bello spendere qualche parola per i DIP (Dad in Progress). Questo per dare dignità e coraggio ad un mestiere altrettanto difficile e poco apprezzato quanto quello di MIP. Senza nulla togliere a qualsiasi discussione costruttiva sulle discriminazioni sessuali e pur sostenendo la mancanza cronica di mezzi ed aiuti alle mamme in questo paese, credo sia giusto lodare e sostenere anche i papà...o almeno quei papà che ci provano davvero. Senza distinzione di sesso, religione, etnia, infatti, diventare genitori è una sfida sia per lui che per lei. Per natura, lei ha svariati vantaggi, tra cui, generalmente, un istinto innato e formidabile, una pazienza elefantiaca che spunta da chissà dove quando partorisce e, soprattutto ed incredibilmente, il multitasking. Qualsiasi MIP riesce normalmente a fare minimo dalle tre cose in su contemporaneamente, incluso occuparsi di un infante, portare avanti una nuova gravidanza, lavorare e stare dietro alla casa. Un DIP parte già in difetto di tutta una serie di doni di natura e con il malus aggiuntivo di dover stare al passo perché si sa, in natura, l'essere umano è prerogativa della madre nei primi anni di vita, per non parlare dei primissimi mesi. Armato quasi esclusivamente della propria buona volontà, spesso il DIP è un marinaio in tempesta, che ogni giorno è di tipo diverso: ormonale della compagna/moglie, intestinale del figlio/a, isterica di chiunque in casa, cane (se presente) incluso, ecc. Ce ne sarebbe per spaventare anche un eroe dei tempi antichi. Per questo, per secoli, i figli sono stati ad appannaggio della madre fin quasi alla maggiore età, perché nessuno o quasi si è dato la pena di educare i padri che si sono rifugiati nell'isola delle tre scimmiette (non vedo, non sento, non parlo). Oggi i padri sono diversi. Anzitutto sono consapevoli che se vogliono davvero dei figli e non degli estranei che li chiamano "papà" per casa, devono darsi da fare. Inoltre, si rendono presto conto che anche la moglie/compagna è a rischio una volta diventati "tre". Urge quindi inserirsi nel circo. Come? Collaborando. Problema: le madri non sono sempre dei campioni di collaborazione, specialmente le mamme-chiocce. E chi le può biasimare? Per secoli hanno affinato lo sviluppo del proprio multitasking per poter fare tutto da sole o quasi. Non ce l'hanno più nel DNA l'idea l'idea di farsi aiutare. Punto primo, quindi, MIP  e DIP devono entrambi imparare a fare affidamento l'uno sull'altra. Già questa, di per se, è una sfida. Anzitutto perché molti, troppi, scoprono di non volersi abbastanza bene, né individualmente, né l'uno nei confronti dell'altro, finendo rapidamente per zavorrare prima ed affondare poi il rapporto di coppia. Nella mia seppur limitata esperienza mi rendo conto che senza rapporto di coppia è come partire in salita col ghiaccio: durissima, anche con le gomme da neve e le catene montate. Punto secondo, quindi: non perdersi MAI di vista. Punto terzo (e questo è soprattutto per le MIP...): imparare a CHIEDERE AIUTO e DELEGARE. I bambini non sono idioti. Se c'è una cosa che capiscono come e meglio persino dei cani è quando qualcosa NON VA. Problema: l'età non consente loro di capire che non ne hanno colpa e perciò pensano semplice (come la Telecom): E' colpa mia se mamma e papà litigano. E' il primo pensiero del bimbo che si sente rifiutato, un campanello d'allarme che suona come un tuono in una giornata di sole. Mamma e papà devono chiedersi reciprocamente aiuto per scongiurare l'avvento di pensieri come questi. Se hanno problemi con se stessi o tra loro, devono imparare che NON C'E' NIENTE DI MALE a tirare quattro urla e confrontarsi, se serve. Volersi bene è anche questo. E, sono certa, i bimbi questo sforzo non lo capiscono ma lo percepiscono benissimo. 
Mamma deve sempre pensare che papà c'è. Che anche se è al lavoro o torna a casa stanco la aiuterà comunque. Che le vorrà bene anche quando ha le occhiaie che somigliano a reti da pesca. Che per lei ci sarà sempre un sorriso, un abbraccio, un bacio prima di dormire. Che se soccombe davanti al lavello la sera per la stanchezza lui prenderà in mano la situazione finirà di preparare la pappa e metterà l'infante sotto le coperte. Che farà la sua dose di coccole al/alla bimbo/a, che non lo/a tratterà da estraneo/a, che farà del suo meglio per cavare la pazienza dal cappello del mago e rinunciare al proprio sonno se ce ne sarà bisogno. E il papà? Anche lui ha diritto di pensare che la mamma c'è. Che nonostante l'impegno profuso dalla mamma in sua assenza non verrà trattato da estraneo o da bancomat quando torna a casa. Avrà diritto alla carezza e al bacio del rientro, ad un abbraccio per la stanchezza, ad una parola di conforto se la giornata non sarà stata eccelsa. Che avrà il proprio spazio per giocare con l'infante. Che avrà il diritto/dovere al cambio, al biberon, alle coccole, ai giochi. Che la mamma non si scorderà di essere donna né la sua compagna e che l'intimità tra loro non si trasformerà in un vago ricordo ma che semmai diventerà un momento da procacciarsi in due, con la stessa tenacia. Il papà ha diritto allo sfogo, alla stanchezza, alla frustrazione. Non bisogna dimenticare che parte in difetto...deve recuperare. E se si impegna questo non può essere ignorato anzi. Bisogna incoraggiare i DIP, dare loro una mano a sentirsi parte della famiglia che stanno contribuendo a creare. Questo è essere MIP vere, serie, questo è essere PIP.
I vostri figli ancora non lo sanno, ma la loro felicità ed il loro benessere dipendono dai vostri.

RUN BABY RUN - Corri bimba corri

Mia figlia corre...o, quantomeno, ci sta provando. Diciamo che il suo passo "catapulta" standard va accelerandosi, specialmente quando vede la strada spianata di fronte a se. Qualche giorno fa uscivamo con il DIP da casa della nonna. Faceva un gran freddo ma era una giornata meravigliosa, limpida. La piccola era tutta imbacuccata e così' goffa da sembrare l'Omino Michelin...tzé, mai sottovalutare la potenza di un bambino di quasi quindici mesi. Nel suo "non linguaggio", ovvero in quella sorta di calderone di urletti, mugugni, sbavate e affini che capisce solo lei e forse i suoi cartoni animati per bebé, esprimeva tutta l'eccitazione del momento, sì, esattamente quell'istante prima del ruzzolo che si prolunga all'infinito, nell'ansia del genitore di vedere il figlio con la faccia a terra e le mani sbucciate. Eppure, per la MIP presente, quell'ansia non la sentiva. Ero emozionatissima nel rimirare una creatura che si bea della sola capacità di muoversi, nonostante le pastoie dei vestiti e del cappotto, il freddo, i movimenti ancora non del tutto controllati. Niente manina, per carità, ce la faccio da sola! Un momento bellissimo in cui neanche pensi, per una volta, e ti dici solo: stai a guardare!
E alla fine, arrivata in punta di rampetta si blocca, guarda giù e ci pensa su un istante: non mi fido! Poi ti guarda e ride, aspetta la manina, si fa aiutare a scendere e via...riparte. Un genio!

venerdì 3 dicembre 2010

RIGHT TO... - Diritto a...

Ultimamente mi sono soffermata su discorsi che definire complessi non è sufficiente. Ho molti amici che appartengono alla confessione cattolica e che, vivaddio, mostrano la pluralità di opinioni ed intenti che contraddistingue la parola stessa (dal greco KATHOLIKOS, universale). Ho anche amici atei, fieramente anti-clericali, disinteressati. Tuttavia, di fronte alle diversità che scaturiscono dalle posizioni di ciascuno, mi rendo conto che, per me, la religione non è quell'esperienza totalizzante che, invece, è per molti, così come non riesco a sposare nessuna particolare ideologia politica o filosofica. L'unico insegnamento che mi sento di condividere e di dover tramandare è quello di Cristo. Chiunque egli fosse è straordinariamente riuscito a restare libero, a non farsi intrappolare da questo mondo, dal tempo, dai suoi stessi simili. Forse per questo è stato in grado di gettare luce su come viverci, a questo mondo. E il mondo che ha proposto, è davvero bello. Lo era quando a descriverlo era lui e lo sarebbe anche adesso, se se le sue parole avessero il peso che meritano e che, mi permetto di asserire, magari anche lui sperava avrebbero avuto. Se è dai comportamenti dei genitori che i figli imparano l'etica, allora desidero davvero seguire le orme di Cristo, affinché i miei figli possano comprendere che non si può stare bene al mondo se non si rispetta TUTTO il prossimo, che non si può essere liberi se non si sa essere responsabili, che non si può parlare se non si sa ascoltare, che farsi un'opinione sulle cose non significa cementificare certezze ma aprire nuovi varchi, che non bisogna temere l'ignoto ma abbracciarlo perché senza curiosità non c'è progresso e la Vita si ferma. Cristo, chiunque fosse, ha sconfitto la morte dimostrando quanto Vivere con la "V" maiuscola sia un'esperienza infinitamente preziosa.  Di fronte a questo, di fronte a questa semplicità profonda e tangibile per tutti, perché allora discutere? Perché arrivare a parlare di pro-vita o pro-morte? Nessun animale nasce con il desiderio di morire. La Vita si auto-difende in modi imperscrutabili ogni giorno. Affermare che è diritto di tutti vivere è lapalissiano. Tuttavia, lo è anche affermare che è di tutti il diritto di morire, perché tutti si muore, prima o poi e NON C'E' NIENTE DI MALE. Un leone che non è più in grado di procacciarsi il cibo, di essere utile al suo branco, si allontana e si lascia morire. Che male c'è? Se un uomo che non è più in grado di vivere vuole fare lo stesso, che male c'è? Nessuno potrà vivere la sua vita al posto suo, sapere cosa egli prova, essere lui, per quanto encomiabili e caritatevoli siano gli sforzi altrui per fargli coraggio. Svalutare la carità è indubitabilmente peccato, ma credo lo sia anche non rispettare una volontà. Se un uomo, che non è più in grado di esser autonomo vuole vivere, al contrario, sarà suo diritto essere aiutato, assistito, incoraggiato. La verità che ho appreso è che la volontà di ciascuno è inattaccabile. E' il vero cuore del nostro essere e ci appartiene. Per questo qualsiasi diritto non può prescinderle. E' la fiamma dello spirito che ci anima. Se si spegne e non si riesce ad aiutarla a riaccendersi non è peccato, è la Vita che fa il suo corso. Per questo ammiro e guardo con dolcezza a chi si batte per difendere la vita, perché investe le proprie energie per aiutare quella fiamma a restare accesa. Eppure vorrei davvero che queste persone, di fronte ad un fuoco estinto, non si sentissero svilite o scoraggiate o, peggio, calpestate. La fiamma non va solo protetta, va anche capita e accettata. Non è colpa di nessuno se si spegne.