Per i genitori alle prime armi, gli incantatori del sonno mancato, i maghi del pannolino...game on!
domenica 16 gennaio 2011
When a man loves a woman...
Ultimamente questa canzone di Percy Sledge mi suona nelle orecchie spesso. E' una canzone un pò triste a dire il vero che parla di un uomo asservito ed una donna crudele che, forte della totale sottomissione dell'uomo per amore, ha il diritto di trattarlo quasi letteralmente come una "pezza da piedi" senza conseguenze. Non credo sia una canzone d'amore...se l'amore rende schiavi allora non è amore, è servitù passiva o, peggio, sadomasochismo. Tuttavia mi rendo conto che, melodia a parte, la canzone mi piace perché rende anche l'idea dell'attesa di ricevere e della disponibilità di dare. Lascia passare il messaggio che, per amore, gli occhi restano aperti sulla compagna, sempre, lo sguardo non si volge altrove, l'impegno resta intatto. Diventare genitori comporta un grosso rischio per una coppia, che è proprio quello di perdersi, come in un labirinto di cui si credeva di conoscere il percorso. Si comincia a cercarsi tra i vicoli ciechi chiamandosi a gran voce quando magari si è da parti opposte della stessa parete e si va avanti un pò, fin quando la voce viene a mancare e non si grida più. Il bello è che non sono i figli a creare questa situazione ma i genitori stessi. Se l'amore non è un'illusione ci si tiene per mano lungo tutto il percorso, ci si cerca, ci si ama, con la mente e con il corpo perché la monogamia non è appena un valore o un'espressione dell'etica ma anche una scelta consapevole e condivisa. Ci si ama con i gesti e con le parole: un compagno che si impegna ad essere un buon padre, per se stesso e per suo figlio/a, che partecipa della sua vita dai bisogni primari, che aiuta senza che gli venga chiesto, contribuisce con pazienza e disponibilità ma è anche in grado di non nascondere le proprie fragilità quando si presentano ed offrire se stesso in ogni momento, nel bene e nel male...beh, ha interpretato direi alla lettera la formula di rito, anche se a quel rito non ha mai partecipato formalmente. Ogni tanto mi chiedo cosa veda il mio compagno quando mi guarda, in questo momento in particolare, forse per via degli ormoni che si modificano dopo il parto, o forse anche per curiosità nei confronti della nuova situazione. Se dovessi guardarmi io, credo che non vedrei che difetti: sicuramente una donna stanca, con due occhiaie che fanno provincia e la sensualità di un primate appena riconoscibile, di umore appena appena stabile e persa nell'organizzazione della giornata. Eppure so che il mio compagno non è così che mi vede, lo so perché non mi manca mai uno sguardo dolce e non appena compassionevole o una carezza, più volte al giorno, e perché rende la sua presenza tangibile pur che discreta. Certo non va sempre bene ma alla fine va bene anche quando va male perché c'è voglia di essere costruttivi. Mi ripete spesso: "dobbiamo stare uniti, soprattutto adesso e coalizzarci contro le forze neonate e lattanti"...ed è un mantra buffo ma che funziona. Devo ammettere che alle volte penso sia più bravo di me a traghettare la barca ma stranamente la cosa mi da spinta invece che abbattermi perché mi spinge ad imparare atteggiamenti e considerare punti di vista nuovi. Sicuramente posso dirmi davvero fortunata perché riesco a vedere cosa il titolo di quella canzone realmente significa: un buon padre è anzitutto un buon compagno per la mamma ed io sono davvero felice che i miei figli siano affidati alle sue cure perché ne beneficeranno soltanto.
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