Nel romanzo "Il Mago di Oz", c'è un personaggio chiamato "Omino di latta" (in inglese Tin Man). L'Omino di Latta ha un solo desiderio: avere un cuore, che è l'unica cosa che gli manca per renderlo umano.
Ho pensato molto all'Omino di Latta in questi ultimi giorni, forse perché per una (speriamo) breve finestra temporale lo sono stata anche io. Esiste infatti un luogo in cui i P.I.P sono davvero P.I.P. perché non sanno se il loro bambino o bambina ce la farà a sopravvivere o meno. Per loro, la definizione "Genitori in corso" non potrebbe essere più appropriata, anche se il loro è un corso che più che altro è un limbo, una finestra di dolore, compassione e speranza che incrocia le vite di uomini e donne di ogni estrazione, un incontro che può durare da pochi giorni a mesi e concludersi Dio solo sa come. Questo luogo si chiama T.I.N. (Terapia Intensiva Neonatale).
In T.I.N. tutti i genitori sono come Omini di Latta: in sospeso, come in attesa di sentire un cuore che batte, per un tempo indefinito che sembra a tutti eterno. In T.I.N. i genitori sono Omini di Latta ed i piccoli il loro cuore. Non ci sono parole per descrivere ciò che significa vedere i propri figli sotto plexiglas, spesso collegati a grovigli di fili da cateteri e sonde, poterli toccare solo inserendo le mani dentro le culle termiche attraverso le aperture laterali, oppure imparare a tenerli in braccio armeggiando con matasse di fili per evitare di far suonare gli allarmi dei monitor, e infine guardarli per ore sperando di scorgere un qualche sospirato miglioramento in quei corpicini spesso così minuscoli che si fatica a credere siano esseri umani. Siamo tutti Omini di latta in T.I.N., semplici contenitori di un metallo duttile e leggero che si accartoccia con le mani. La nostra fragilità si misura nell'incredibile conforto umano che siamo in grado di dare e ricevere in un posto così alienante. Gli infermieri chiamano subito i bimbi per nome e tutti li conoscono a menadito come se fossero stati lì da sempre. I genitori si danno subito del tu e spesso neanche si presentano, perché in T.I.N. sono solo la mamma e il babbo di.
La mamma di Marcello ad esempio: è una donna giovane, molto bella, con uno sguardo dolce e paralizzato dal dolore. Quando parla del suo bambino, che è un piccolo gigante per quanto tenacemente se ne sta aggrappato alla vita nonostante tutto ciò che gli è successo, non sa se essere terrorizzata o sollevata. Finalmente hanno rimosso tutti i cateteri al bimbo e tolto gli antibiotici. Ma è l'ultima battaglia di una lunga guerra e gli alleati antibiotici non ci sono più perché il loro supporto è ormai inutile. Il piccolo gigante andrà da solo alla sua ultima singolar tenzone e la sua mamma sarà lì con lui, comunque vada.
Il babbo di Alessio sorride, con gli occhi stanchi. Il suo bimbo è forte, è la personalità della stanza. Le infermiere dicono che ci vorrebbe una dada solo per lui perché se non c'è chi lo tiene in braccio e gli parla e lo coccola lui si incavola e piange a dirotto ad un imprecisato livello di decibel finché qualcuno non lo degna di attenzione. Se arriva a 40 cm. è molto, ma i suoi occhietti vispi ti fulminano per come ti guarda e questo basta a fare coraggio al suo babbo Omino di Latta, nonostante la guerra sia ancora lunga e lo attendano almeno altre due toste battaglie.
La mamma di Serena aspetta accanto alla culla un segno e nel frattempo racconta la sua esperienza, conforta anche chi è più fortunato, si impegna a produrre latte per la sua piccola che lotta ogni giorno per crescere, non sapendo neanche se la chiamerà mai mamma.
La mamma di Riccardo è stordita e stanca. Ha fatto finta di dormire dal giorno del parto se non quando è crollata semisvenuta la seconda notte per tre ore in ospedale. Ha messo mano a tutte le arti della fuga conosciute per passare qualche ora con il suo bimbo che, in confronto agli altri nella sua stanza, è un gigante sano con un piccolo acciacco che se ne sta li a fare lampade UV e un pò di CPAP per respirare meglio. Eppure anche lei si sente un Omino di Latta perché se anche la degenza durerà poco ogni ora è un'ora di troppo.
Il papà di Riccardo si divide tra la sorellina a casa e l'attesa di notizie. Sa che prima o poi il telefono squillerà per fargli sapere. Ormai è diventato un esperto in fatto di pazienza. Ha mal di testa, è stanco ma non molla, attende di poter prendere in braccio il suo bimbo e dargli il benvenuto a casa.
La mamma e il papà di Riccardo sono ancora decisamente in progress, ma in questi giorni sono stati benedetti da un'esperienza importante, io credo, grazie alla quale hanno, semmai ne avessero avuto bisogno, compreso ancor di più la propria fortuna. Riccardo è arrivato a casa 4 giorni dopo la nascita, roseo e pacifico e mamma e papà hanno chiuso gli occhi in pace ascoltando finalmente quel battito. Il pensiero va a tutti gli Omini di Latta ancora nel limbo: per loro una Preghiera Umana e bellissima, dal profondo dei nostri cuori. Grazie di aver condiviso la vostra fragilità con noi, ci avete reso persone migliori. In cambio, restiamo in attesa al vostro fianco, in attesa di ascoltare anche i vostri cuori battere forte e chiaro. Un abbraccio
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