lunedì 22 novembre 2010

Sintesi del senso materno: "Schiave, pensavo, siete diventate schiave"

Ieri, sulla rivista Vanity Fair, ho letto un articolo dedicato ad un libro scritto da Silvia Nucini che si intitola: "E' la vita che sceglie". L'articolo prende ad esempio dal libro la storia di una tale Enrica. La signora, quarantenne e non proprio amante dei bambini e delle relazioni stabili, o così pare, regala alcune perle di saggezza tra cui il commento che ho virgolettato nell'oggetto del post e che, direi, ne sintetizza la posizione rispetto alla maternità. Le sue amiche che hanno avuto figli, così dice "Dopo il bambino non erano più quelle di prima" perché la maternità "Non porta solo alla distruzione del corpo ma anche a quella del cervello". Le poverette, colpevoli di fare "discorsi assurdi su pappe, merda e pannolini" vengono dipinte alla stregua di automi alle complete dipendenze dei figli.
Senza dilungarmi oltre, ad esempio sul tipo di famiglia che questa donna vorrebbe per il proprio figlio ("Vorrei che il mio bambino fosse condiviso, che stesse un pò con me e un mese a casa di una mia amica perché io ho troppo da fare per stargli dietro o anche solo perché ho voglia di stare da sola...è la forma dislocata di allevamento dei bambini di una volta, che diventavano figli di molti"), dico solo che alla fine della lettura ho provato una serie di sentimenti contrastanti. Il primo? Rabbia direi. Il secondo? Pena. Per arrivare alla compassione ci ho messo davvero troppo, per i miei gusti. E' anche vero che sono incinta e sicuramente più umorale ma di fronte a certe affermazioni faccio fatica a trovare in me il rispetto per chi le pronuncia. La leonessa che è in me surge prontamente, per così dire. Come essere umano, però, ho il dovere di pensare, di capire, di accettare anche posizioni così estremamente diverse, il che, assicuro, è davvero difficile. Anzitutto è difficile perché, come in natura non tutte le femmine sono buone genitrici, così tra gli esseri umani, e accettare questa cosa è dura. Non è che tutti i mammiferi abbiano cure parentali per i cuccioli, in alcuni casi li abbandonano proprio a se stessi col risultato che, o ci pensa qualcun altro - vedi altre femmine che se ne fanno carico - oppure muoiono. Ergo, l'istinto riproduttivo NON comporta necessariamente la capacità di CRESCERE la prole. Se di fronte ad una tigre che rifiuta i suoi cuccioli neonati ci si può dispiacere, però, di fronte ad una donna che, pur non amando l'idea di diventare madre, lo vuole ugualmente, per dimostrare che "è possibile crescere figli in modo non convenzionale", a me, personalmente, cascano le braccia.
Cara signora Enrica, dovunque lei sia, mi consenta di fare cadere a lei le braccia per un secondo con il mio punto di vista - tanto io non verrò pubblicata su Vanity Fair. Non ho idea di che amiche lei abbia, ma posso immaginarle abbastanza bene, credo, quelle che lei chiama "Schiave". Posso perché io apparterrei alla categoria in pieno, anche se, con poche amiche con figli, normalmente quando esco è difficile che parli di escrementi e pannolini di mia figlia. Eppure, signora Enrica, "schiava" proprio non è il termine. Semmai "Serva" perché io, la mia libertà di decidere se essere madre o se essere semplicemente fattrice, quale lei si propone, l'ho esercitata appieno e mi sono messa "al servizio" del mio cucciolo perché non c'è altro modo di sostenere una vita e permetterle di svilupparsi in autonomia ed identità altrimenti. E' un sacrificio? Certo che lo è, ma sacrificio contiene la parola "sacro" mica per sbaglio ed un genitore non è tale se non è in grado di capire questo. Cara signora Enrica, "produrre" meramente un cucciolo umano non significa affatto essere madre o padre, significa semmai dimostrare che il proprio apparato riproduttivo funziona. Punto e stop. Se lei pensa che si possa essere genitori quando se ne ha voglia, forse le conviene prendere un pesce rosso, davvero si risparmia un sacco di grane, anche legali, se proprio vogliamo. Genitori si diventa, anzitutto, per scelta. Si sceglie di servire, di investire in una nuova vita e l'investimento maggiore è tutto fuorché economico.  I figli costano, o meglio, VALGONO tanto quanto la vita che il genitore è disposto a spendere per loro. E, signora Enrica, checché lei possa pensarne, i figli, di questo SE NE ACCORGONO! Se lo faccia dire dai milioni di figli di genitori separati o divorziati o con problemi. Se lo faccia dire dai figli emarginati, abbandonati, caricati di responsabilità ed aspettative quando neanche sapevano allacciarsi le scarpe. Quanti di questi figli sono esseri umani felici? Quanti non hanno problemi? Cara signora, essere genitore COSTA ma VALE. Se lei non è in grado di accettare il prezzo, perché vuole mettere al mondo una creatura? E' come prendere un cane al canile e chiuderlo in una stia dietro casa, ma che senso ha? C'è una bella differenza tra schiavi e servi, signora Enrica, se lo faccia dire. E se c'è uno schiavo in questa pantomima, mi permetto di osservare che semmai quello è lei: prigioniera di un'idea di libertà che è schiavitù di se stessi, del proprio ego, della propria indipendenza. 
Cara signora io pulisco escrementi e rigurgiti, lavo abitini tutti i giorni, canto per calmare la mia piccola, soffro d'insonnia se piange di notte per qualsiasi motivo, mi sento a volte frustrata perché non sono in grado di capire i suoi segni, i suoi bisogni. Però, signora Enrica, io sono una MIP ed una MIP felice, tanto che sto aspettando un altro bimbo, pronta all'ignoto della prossima avventura. Io, signora, spero solo di fare del mio meglio non perché mi aspetto un tornaconto personale, ma perché in questo modo gli esseri umani che avrò aiutato a crescere un domani saranno migliori di come lo siamo stati noi e potranno contribuire ancora meglio all'evolversi della nostra specie. Il mio tornaconto è la vita che avanza perché non c'è altro scopo nello stare al mondo, almeno per me. Ed io non mi sento nobilitata perché pulisco il sedere di mia figlia ma perché vedo nel suo crescere quotidiano che il mio tempo, il mio amore hanno un VALORE che trascende persino il mio impegno. Perciò, signora cara, se non vuole uscire dalla prigione del suo egoismo, la prego magari, solamente, di pensare che farci entrare anche un altro poveraccio incolpevole non è il massimo. Sì, signora, perché quel bambino che lei desidera  con il suo egoismo non c'entra niente, perché il poveretto, alla nascita, ha BISOGNO di un genitore altrimenti muore e se lei non è disposta ad assumersi questo impegno non è detto che ci sia chi, intorno a lei, è disposto a farlo. 
Spero di essere stata abbastanza empatica nell'affrontare la questione anche perché, giuro, la prima reazione non era pubblicabile per iscritto...W tutti i MIP e PIP del mondo. Siete impegnati nella più grande avventura della vita, non dimenticatelo mai, specialmente quando dovete contare fino a dieci nei momenti no!!!

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