giovedì 28 aprile 2011

centro sociale - recreation center?

Oggi non scrivo in inglese perché farei fatica a trovare le parole giuste. Vorrei che però un giorno, leggendo questo post, i miei figli imparassero qualcosa sul pregiudizio e sul buonsenso.
Ho cercato la locuzione "centro sociale" in inglese su vari dizionari trovando una serie di definizioni, molte irripetibili, alcune profondamente offensive, a mio avviso. La maggior parte non riflettono assolutamente quella che è una locuzione "culturally-embedded", cioè di matrice puramente nostrana. Il fatto è che questo tipo di associazionismo nei paesi anglosassoni difficilmente esiste se non per nulla, come non esiste l'idea che siamo tutti uguali con uguali diritti come molti aderenti a varie tipologie dei centri sociali italiani sostengono. Al massimo, esiste l'idea che se anche siamo tutti diversi abbiamo comunque gli stessi diritti, ed è un ragionamento che, personalmente, preferisco. Questo concetto un po' ingenuo del centro sociale come focolaio di sopravvivenza dell'idea comunista più ancestrale, ereditato dal comunismo partigiano, io credo, non trova spazio in paesi la cui cultura, fin dalla base, spinge avanti solo il più forte o il più meritevole. Prendendo in prestito una metafora naturale, se nei paesi anglosassoni vige la legge della giungla, in Italia vale la regola del banco di sardine. Infatti, come per le sardine appunto, se siamo tutti uguali e con uguali diritti non ci resta che "l'unione" che "fa la forza". La forza è nel gruppo, non nel singolo.
In questi giorni sto imparando, a mie spese, che preferisco essere una tigre che una sardina, anche se mi tocca lottare per la sopravvivenza, anche se mi tocca dimostrare ogni minuto che ho diritto a vivere e a vivere bene. Nei paesi anglosassoni un centro sociale è al massimo un "recreation center", cioè un posto dove giovani e/o anziani possono ritrovarsi per trascorrere insieme il proprio tempo libero e questo indipendentemente dal fatto di riconoscersi in una qualche corrente politica.
Nei paesi anglosassoni è difficile immaginare un'occupazione abusiva di giovani di qualsiasi luogo pubblico, o che qualcuno possa protestare millantando il diritto acquisito ad uno spazio pubblico a prezzo di favore se non a costo zero, a scopi culturali ma per fare, di fatto e se va bene, lotta politica. E' difficile perché se capitano cose del genere, si finisce in gattabuia senza passare dal Via, come a Monopoly. In posti del genere, se vuoi qualcosa, o lo paghi o te lo devi guadagnare in qualche modo. In Italia, spesso e volentieri, i centri sociali, specialmente quelli giovanili, usano l'associazionismo come scusa per mettere in piedi attività ludiche a costo zero. Quel che mi fa più imbestialire, in questo senso, è che si trincerano dietro presentazioni pubbliche da libro stampato, parlano di socialità, benessere civico, attenzione ai bisogni della cittadinanza per poi finire ad organizzare rave party, e non importa se a cinque metri dall'orecchio di un bambino di pochi mesi. Purtroppo lo dico per esperienza acquisita, perché a quel genere di feste e in quel genere di posti andavo anche io dieci anni fa. Di buono c'era che noialtri si andava fuori, in campagna, lontano da abitazioni ed esercizi pubblici e privati. Insomma si poteva fare tutto il casino del mondo per quindici euro all'anno e fino a tardi che nessuno aveva da ridire. E non è che tutti avessimo l'auto: si andava anche in motorino, ci si organizzava con chi aveva l'auto del babbo o della nonna, la panda da due soldi che andava giusto a spingerla e si accettava il rischio di poter restare a piedi - cosa che, peraltro, non accadeva mai. Il mio era un "circolo ARCI", direi un vero e proprio "recreation center", come le bocciofile o i centri per anziani, solo a tempo di rock n' roll e, qualche volta, di heavy metal. Ragazzi quelli sì che erano tempi! E magari di posti così ne esistono ancora, basta cercarli! Poi c'è l'altra faccia della medaglia: il centro sociale in città, a pochi metri da abitazioni e negozi, e lì sono dolori. Sono dolori perché, obiettivamente, chi ci abita ha tutto il diritto a vivere sereno, a dormire la notte e a rientrare a casa tranquillo senza correre il rischio di essere importunato o peggio pestato o addirittura rapinato. E questa, intendiamoci, non è direttamente colpa di chi organizza le serate, perché logicamente non può prevedere chi sarà presente, e magari si tratta in sé di brave persone, Tuttavia, la loro, e purtroppo consapevolmente, è una colpa indiretta. Spesso sanno perfettamente di non essere in grado di contenere questo tipo di fenomeni, di non avere risorse per creare un clima idoneo allo svolgimento di certe attività ricreazionali (una casa non è un teatro o una sala da concerti e spesso i centri sociali dispongono di poche centinaia di metri quadri in stabili di proprietà comunale), di non poter offrire né tanto meno garantire sicurezza, tranquillità e vivibilità a chi abita dattorno alle loro sedi. Spesso, sono più interessati al proprio tornaconto che altro, perciò si battono, anche con metodi discutibili e spesso illegali, per avere degli spazi da utilizzare, indipendentemente, a volte, dalla loro capacità di gestirli adeguatamente e senza curarsi minimamente degli effetti che questo può avere su chi li circonda. E allora la socialità, il diritto uguale per tutti che fine fa? Beh, facilmente evapora come l'alcool in un bicchiere di birra: rapidamente e senza lasciare ricordi sostanziali. In sostanza, sono ragazzi, giovani che desiderano una valvola di sfogo a costo minimo (meglio se zero), il che non è nemmeno sbagliato, ma che, come panzer e come gli stessi kapò che millantano di voler combattere, vanno avanti per la propria strada per ottenere quello che vogliono, a qualsiasi costo e fregandosene del prossimo. E' questo che me li fa detestare come pochi, l'assoluto disrispetto per una democrazia minima, la stessa che sbraitano di voler promuovere. E, tutto ciò, trincerandosi dietro i "diritti dei giovani". Direi che anche io sono sufficientemente ancora giovane per rivendicare gli stessi diritti. Solo che a me interessa il diritto alla tranquillità mia e dei miei figli, al riposo, alla sicurezza di non trovare rifiuti di ogni genere, anche medico-sanitari, sparsi nel giardino di casa. La parola chiave è questa, "casa". Io non rivendico questi diritti fuori casa ma dentro, ed è casa mia, col suo bel mutuo e le bollette da pagare a mio carico. Il mio diritto alla sicurezza al Comune costa la fatica di cercare una collocazione per un centro sociale che non sia a 5 metri da casa mia. Ai frequentatori del centro sociale costa la fatica di organizzarsi per uscire dal centro urbano anche se, persino qui dove abito, si può dire che siamo fuori dato che l'autobus dopo le 17.30 non passa fino al mattino dopo. Chiedo molto se chiedo perché me li devo trovare a divertirsi fino alle ore piccole a pochi metri dalla camera dei miei figli? Oltretutto con esempi di centri sociali, e ne esistono, di cui non si lamenta nessuno perché, nel loro piccolo, sanno organizzarsi, anche in città. Dico, ma solo a me devono capitare gli sfattoni arrabbiati che fanno e ascoltano musica ska senza avere nemmeno i soldi per insonorizzare  le pareti? Mah...

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